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    In seguito ai risultati ottenuti all'Accademia di Iwa, il signor Nagata Kuro è invitato a partecipare al proprio Esame per la promozione a Genin. L’Esame si svolgerà tra due giorni, nell'aula 127 dell’Accademia, alle 10:00 in punto. E’ richiesta la massima puntualità.

    A consegnarti questo messaggio è una piccola scimmia dall'aria spensierata, con uno zainetto ben fissato sulla schiena. Si presenta a casa tua, bussando con forza alla porta, una forza che non ti aspetti da un esserino così piccolo. Chiede - sì, chiede -, di parlare solo con te, pronunciando per bene il tuo nome, nel caso venga accolta da qualcun altro. Dopo averti lasciato la pergamena, confermando la tua identità, la creaturina schizza via ridacchiando, senza lasciarti il tempo di fare domande.
    Se ti presenti in data e ora segnati nella lettera, trovi la porta della classe designata socchiusa, a te se bussare oppure introdurti nell'aula direttamente.

    Benvenuto al tuo esame! Hai carta bianca in questo tuo primo post, fammi conoscere il tuo pg, se vuoi descrivimi anche cosa fa (o non fa) durante i due giorni precedenti all'esame (: Per qualunque cosa sentiti libero di contattarmi via mp, sono a tua disposizione. Buona fortuna e buon divertimento!
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    La tua insinuazione fa calare momentaneamente il silenzio nella sala, per poi generare un mormorio che si diffonde molto velocemente. Diverse paia di occhi si soffermano sulle due guardie, che comprendendo subito le implicazioni di ciò che hai detto, si allontanano di qualche passo da te. Quello che ti aveva messo una mano sulla spalla la toglie di scatto, come se la tua pelle l'abbia scottato.
    Chen, dall'ingresso, emette un verso scandalizzato e punta un dito accusatorio contro i due “molestatori”, facendo qualche passo in avanti. La segretaria non lo ferma, troppo impegnata a scuotere la testa delusa per il comportamento dei due bodyguard.
    – Vergogna! È solo una bambina! Allontanatevi subito da lei! –, strilla, e pare essere genuinamente arrabbiato. Oppure ti sta reggendo il gioco ed è molto bravo a recitare. La guardia che ti aveva fermato inizia a scuotere la testa, difendendosi dalle accuse a lui rivolte con fermezza, e il suo compare è altrettanto distratto dalla situazione appena creatasi da permetterti di sfrecciare lungo le scale, dandoti un certo vantaggio.
    – La bambina ha sicuramente capito male, stavamo solo facendo il nostro lavoro, no picc- –, senti dire a una delle guardie mentre sali. Non appena si accorgono della tua sparizione lo stesso uomo abbaia un ordine al suo compagno, e ben presto puoi renderti conto che qualcuno ti sta venendo dietro. Hai un intero piano di vantaggio rispetto al tuo inseguitore, il quale per ora non sembra riuscire ad accorciare le distanze. Ti urla di fermarti più volte, poi lo senti dire qualcosa di simile a "C’è un intruso!" e ricevere un gracchiante "Affermativo" in risposta dopo qualche secondo.
    Una volta raggiunto il primo piano trovi solo un lungo corridoio pieno di uffici, e lo stesso vale per il secondo. La guardia non riesce a raggiungerti non appena arrivi al terzo e ultimo piano, ma lo senti comunque ancora intento a falciare gradini sotto di te, quindi prima o poi arriverà. La prima cosa che puoi notare al terzo piano è tutto lo spazio inutilizzato, dato che quel piano ospita solamente l'ufficio del direttore dell'azienda e quello, molto più piccolo, della sua segretaria. Il resto è disadorno e spartano. Il corridoio che porta all'ufficio del tuo obiettivo è largamente illuminato da una vetrata che dà sull'esterno, e affacciandoti potresti vedere la piccola protesta che sta avvenendo fuori, quella che ha attirato la tua attenzione in primo luogo.
    Il piano potrebbe sembrare deserto, ma qualche secondo dopo il tuo arrivo noti la porta dell'ufficio più grande aprirsi, e da esso uscire un uomo sulla sessantina, capelli brizzolati e aria stravolta, scortato da una donna mora, più alta di lui di almeno dieci centimetri, vestita esattamente come la segretaria al piano terra. Si muovono verso destra non appena usciti dall'ufficio, verso quello che sembra essere un vicolo cieco, almeno dalla tua posizione. Per il momento non ti notano, ma la cosa non durerà a lungo.
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    Anzu non fa nulla per alleviare la tua tensione, aspettando una risposta alla sua domanda in perfetto silenzio. Alla tua esclamazione nei confronti del corvo in lontananza alza un sopracciglio, lanciando al pennuto una seconda occhiata prima di stringere le labbra.
    – Ignoralo. E’ qua per assicurarsi che vada tutto bene. –, afferma, celando a stento il fastidio causato dalla sua presenza. L’evocazione, dal suo ramo, inclina il capo, quasi divertito.
    Anzu comunque segue il suo stesso consiglio, facendo finta da quel momento in poi che il corvo non esista. Si concentra su di te, il che può essere un bene o un male. Aspetta più o meno pazientemente che tu superi la pressione causata da quella domanda improvvisa, e quando esponi le tue motivazioni non sembra reagire in modo particolare. Fa un verso d’assenso, come a dire di aver recepito le tue parole e il significato dietro di esse, poi ribatte:
    – Se i tuoi genitori sono ninja a maggior ragione saprai cosa comporta una carriera del genere. –. Fa una pausa, prima di continuare.
    – Non dovrai solo proteggere il tuo villaggio, dovrai essere pronta a donare la vita per la tua gente. A seconda dei casi, anche a toglierla. Il villaggio chiederà assoluta fedeltà, e se riceverai un ordine, lo dovrai portare a termine ad ogni costo. Ti sta bene? –, ti domanda, seria, senza addolcire più di tanto la pillola. Non sembra essere il tipo. Scioglie le braccia, portando la mano destra alla tasca del pantalone. Ne tira fuori una caramella rotonda, che scarta e fa scomparire in bocca velocemente.
    – Prenditi il tuo tempo per pensarci. Se la risposta sarà sì, continueremo con le tre tecniche che ti hanno insegnato. –, aggiunge, guardandosi intorno. – Puoi farmele vedere con calma una dopo l’altra, oppure puoi metterle in pratica in uno scontro simulato. Vedi tu. –, ti propone infine, frantumando la caramella tra i denti e generando un suono non proprio piacevole.

    Se accetti i “termini di servizio” e scegli la prima opzione, ovvero quella che prevede una semplice dimostrazione delle tre tecniche illusorie che ti hanno insegnato, Anzu ti chiede di partire dalla Trasformazione, invitandoti a trasformarti in un qualsiasi oggetto o persona lì presente, anche la chuunin stessa se vuoi.
    Se invece decidi di voler provare a scontrarti con lei, Anzu si allontana di un paio di metri da te, portando a cinque metri la distanza tra di voi, e mette in chiaro alcune condizioni: lei si limiterà a parare o schivare i tuoi colpi, senza usare armi o tecniche, mentre tu potrai – e dovrai – sfruttare le tecniche che conosci, oltre alle tue altre conoscenze teoriche e pratiche, per provare a colpirla. “Non esagerare” è il suo unico consiglio, dopodiché si ammutolisce, mettendosi in guardia, rivolgendoti non dei pugni chiusi ma entrambi i palmi aperti.

    Eccoci alla prima parte della prova! Ovviamente ammesso che Akane accetti le condizioni poste da Anzu, la scelta in On è tutta sua come è giusto che sia.
    Se Akane vuole semplicemente provare le tecniche, partendo dalla Trasformazione, ti chiedo solamente di lasciare dubbio il risultato del tuo primo tentativo, ti dirò io se riesce o meno. Se invece sceglie la seconda opzione Akane avrà la prima mossa.
    Mi sembra superfluo specificarlo dato che finora stai andando più che bene, ma mi raccomando, mi aspetto dei bei post! C: Buona fortuna!

    Ps. ci tengo a scusarmi per il caratteraccio dell'esaminatrice :I
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    All’attenzione della signorina Uzumaki Akane,
    in seguito ai risultati ottenuti durante i suoi studi all’Accademia della Foglia è ufficialmente invitata a sostenere l’Esame per la promozione a grado Genin. L’Esame si svolgerà tra due giorni, nel cortile d'addestramento dell’Accademia della Foglia, alle 10:00 in punto. E’ richiesta la massima puntualità.
    Cordiali saluti,

    La Direzione

    A consegnarti questa messaggio è un corvo dal piumaggio nero come la notte. Il pennuto, parlante come avrai subito occasione di notare, si presenta in casa tua battendo con veemenza col becco contro il vetro della prima finestra disponibile, e ti chiede di confermare la tua identità prima di tendere una zampa e permetterti di prendere la piccola pergamena che vi è stata legata intorno, contenente il messaggio. Nel caso in cui sia qualcun altro ad accoglierlo per primo in casa, esige di parlare solo e soltanto con la signorina Uzumaki Akane, destinataria del messaggio, anche a costo di aspettare.
    Dopo averti consegnato la lettera prova a scroccare un biscotto o, in alternativa, qualunque altro tipo di dolciume tu abbia in casa, come ricompensa per il lavoro svolto. Non farà nulla nel caso in cui la sua richiesta venga rifiutata, limitandosi a volare via borbottando contrariato tra sé e sé.

    Benvenuta al tuo esame genin! Hai carta bianca sulla descrizione dell'incontro con il corvo, e se Akane ha domande per lui provvederò a rispondere nel prossimo post. Puoi gestire come vuoi anche i due giorni precedenti alla data stabilita, basta che nella tua descrizione ti fermi al momento in cui arrivi sul luogo dell'esame. Da lì riprendo io (:
    Per qualunque cosa non esitare a contattarmi, sono a tua disposizione!
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    L’istinto di auto-conservazione è fondamentale per la sopravvivenza e l’evoluzione di ogni essere vivente. E’ intrinsecamente radicato nella psiche umana. E’ la prima arma, e a volte l’ultima difesa, pronta ad attivarsi nei momenti di maggiore difficoltà.

    E’ anche il nemico più grande di ogni jashinista.

    Akane impiegò anni per riuscire ad imparare ad ignorarlo. Non a liberarsene: futura immortalità o meno, sarebbe stato sciocco rifiutare un meccanismo di difesa così forte. Impossibile, forse. Non era mai stato quello lo scopo dell’addestramento al quale venne sottoposta per i successivi cinque anni. Dopo la prima esperienza traumatica, e in un certo senso anche deludente dal punto di vista del Sommo che l’aveva presa sotto la sua ala, il rapporto di Akane con la vista del sangue migliorò solamente quanto bastava per permetterle di non svenire al primo taglio, ma anzi di sopportare l’intera straziante procedura fino alla fine. Non la superò del tutto, e dovette fare pace con la consapevolezza che probabilmente non ci sarebbe mai riuscita.



    Giorno dopo giorno, il Sommo si chiudeva nella piccola sala disadorna con lei, le chiedeva di porgergli le braccia, e le tagliava diligentemente la pelle. Uno, due, tre tagli, della stessa profondità su entrambi gli arti. Doveva abituarsi al dolore, diceva. Al sangue. Alla perdita graduale di lucidità. Alla debolezza fisica e mentale. Doveva resistere il più possibile. La testa di Akane iniziava a girare quasi immediatamente, e per i minuti successivi riusciva a concentrarsi solo sull’odore nauseabondo del suo sangue, sulle gambe tremanti, sulle membra man mano sempre più stanche e pesanti, sul dolore pungente ed esasperante che provava.

    Sempre un attimo prima che svenisse, il Sommo si muoveva dietro di lei per sorreggerla, e le prestava le prime cure. Il dolore svaniva, così come i segni sulle braccia, ma il malessere era sempre l’ultimo a lasciarla.

    Sarebbero passati due anni, dei cinque richiesti, prima che Akane riuscisse ad auto-infliggersi la prima ferita senza farsi trattenere da dubbi e timori. Dalla paura di provare dolore che affliggeva ogni singolo essere umano. Ma quando riuscì a compiere quel primo passo, pensò con gioia che da quel momento il resto della strada sarebbe stata tutta in discesa.

    Tre mesi prima che compisse 25 anni, e una settimana prima che lo facesse Mitsuru, Akane strinse la mano della compagna e portò quella libera al suo petto, beandosi del calore emanato dalla ragazza anche sotto la camicia da notte.

    Era una serata calda di Luglio, ma ciò non le aveva mai fermate dal condividere il letto, così come avevano fatto per anni e anni, fin da bambine. Come se non bastasse, la mattina seguente sarebbe stata speciale per entrambe. Soprattutto per Mitsuru.

    La sua prima Ricerca, in vista del Rituale ormai vicinissimo. Se Akane avesse dovuto sopportare il caldo e l’umido per rassicurarla, che provasse pure a distoglierla dal suo intento. Si sarebbe buttata nel fuoco per lei con la stessa velocità con la quale l’avrebbe fatto per Jashin.

    – Prova a dormire, mh? –, le consigliò, nonostante sapesse bene quanto fosse difficile per lei. La vide girarsi su un fianco, verso di lei, in modo tale da essere l’una di fronte all’altra. Mitsuru le rivolse un sorrisino contrito, confermando la sua teoria.

    – Non ci riesco. Non fare caso a me. –, rispose con tono volutamente leggero, portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio di Akane e poi adagiando delicatamente la mano sulla sua guancia. Akane socchiuse gli occhi al tocco, ricambiando l’occhiata con un sopracciglio alzato.

    – Chiedi l’impossibile. –. Distese le gambe, spostando la mano dal petto di Mitsuru per cingerle il fianco e tirarla delicatamente più vicina a sé. Quanto bastava per far sfiorare le loro fronti e i loro nasi.

    – Andrà tutto bene. –, sussurrò Mitsuru, più a se stessa che a lei. Il suo respiro leggero le provocò un brivido che sconfisse la calura, solamente per un attimo. Akane annuì, dando una stretta confortante alla mano che non aveva mai smesso di tenerle. Con l’altra prese ad accarezzarle la schiena, con un movimento lento e ripetitivo.

    Mitsuru le sorrise, se non altro grata per la sua presenza lì. E ad Akane bastò. La strinse a sé, permettendole di rannicchiarsi contro di lei, di nascondere il volto contro il suo petto come una bambina spaventata che cercava il conforto della madre. Akane la accolse, più sveglia di quanto non lo fosse mai stata, e non la lasciò andare fino al mattino.



    Era stata Akane a volersi proporre come aggiunta al gruppo già stabilito di Ricercatori che, quella mattina, avrebbero lasciato la comunità per mettersi sulle tracce di un Tributo meritevole di essere donato a Jashin. Mitsuru non avrebbe potuto partecipare, poiché troppo coinvolta, e Akane non trovò un modo migliore di quello per assicurarsi che l’imminente Rituale dell’amica si potesse svolgere al meglio. Non sarebbe tornata a casa finché non avesse trovato il Tributo perfetto per lei. Non si sarebbe permessa il minimo errore.

    Lasciò Mitsuru placidamente addormentata nel suo letto – nel loro letto – poco prima dell’alba. Si cambiò in un’altra stanza, il più silenziosamente possibile, raggiungendo poi il resto del gruppo alle porte della loro comunità. Erano in cinque, oltre lei: due donne e tre uomini. Gente fidata, che Akane conosceva da una vita, che la accolsero con sorrisi affettuosi e sonore pacche sulla spalla. Erano felici di averla con loro, le dissero. Era anche ora che Akane mettesse piede fuori dal nido, scherzò uno degli uomini, Haida, con una sonora risata. Una delle due donne, alta e dai meravigliosi capelli rossi, lo ammonì bonariamente con uno schiaffo sulla nuca. Kureha.

    L’importante era che adesso fosse pronta, le ricordò invece Hana.

    Akane si voltò verso di lei, ricordando la Mitsuru della notte precedente. Una Mitsuru fragile, nervosa e spaventata.

    Poi annuì.



    Haida, Ryo e Reito sarebbero stati fratelli. Kureha e Hana, invece, le compagne di Haida e Reito rispettivamente. Akane, data la somiglianza, avrebbe fatto la parte della sorella minore di Hana. Una piccola famiglia senza dimora fissa ma con un grande amore per l’avventura, messasi in viaggio qualche mese addietro per esplorare in lungo e in largo la loro incredibile regione. La totale mancanza di esperienza di Akane nei confronti del mondo esterno servì a rafforzare l’idea di un piccolo nucleo di viaggiatori ingenui e innocui.

    Il primo villaggio che incrociarono, un giorno dopo essere partiti, li accolse con calore. Si trattava di una piccola comunità fondata perlopiù sull’agricoltura, abitato da gente tranquilla e serena, l’epitomo della bontà. Erano le prime persone in assoluto che Akane avesse mai incontrato fuori dalla sua, di comunità. Creature del genere dovevano essere protette. Salvaguardate. La missione che Jashin aveva dato loro non era mai stata più rilevante come nel momento in cui Akane ricevette il primo di tanti sorrisi provenienti da gentili sconosciuti.

    Bastò loro sostare qualche ora nella locanda del villaggio, dove presero tre stanze per la notte, per venire a conoscenza dei primi problemi che lo affliggeva: il cibo scarseggiava per via del clima torrido che rendeva difficile la coltivazione, e quel poco che erano riusciti ad accumulare nel giro delle ultime settimane era stato brutalmente razziato da un gruppo di briganti qualche giorno prima.

    Pur non essendo a capo della spedizione, Akane impiegò esattamente un istante a decidere di voler portare a casa l’uomo o la donna a capo di quel gruppo. Quale sacrificio migliore di un individuo devoto alla distruzione di quel frammento di buono che lei e i suoi fratelli stavano tentando a tutti i costi di proteggere? Jashin avrebbe apprezzato un Tributo così opposto alla loro sacra missione, e in più responsabile di aver ridotto alla fame un intero villaggio.

    Una volta scoperto che i magazzini erano stati distrutti con l’ausilio del chakra, non ci volle molto per rintracciare il gruppo di briganti. Avere un sensitivo come Ryo in squadra rese sicuramente le cose più facili. Riuscirono a scovarli e ad agire su di loro la notte stessa dopo l’arrivo al villaggio. Quella gente avrebbe potuto avere la meglio contro contadini e anziani, ma contro combattenti esperti come quelli assegnati alla Ricerca non ebbero speranze: perirono uno dopo l’altro, e le mani di Akane si sporcarono di sangue altrui per la prima volta. Neanche per sua volontà: nella mischia uno dei briganti le era corso contro, e per istinto, quello stesso istinto che aveva imparato a sopprimere anni prima, lei aveva alzato la lama del kunai. Nulla di più semplice. Il suo primo omicidio avvenne per caso, fu un incidente. Se ne avesse avuto le forze, l’avrebbe trovato ironico.

    Lasciarono vivo solamente il loro capo. Un uomo nerboruto e tenace, che lottò fino all’ultimo. Uno spirito guerrigliero e ardente. Jashin l’avrebbe gradito.

    Abbandonarono il villaggio nel pieno della notte, lasciando in piazza ciò che era rimasto delle provviste che i briganti avevano sottratto. Quando, un giorno e mezzo dopo, tornarono alla comunità, Akane andò subito a cercare Mitsuru per stringerla a sé con trasporto. Non era mai stata lontana da casa, lontana da lei, per così tanto tempo.

    Con la giovane donna finalmente tra le sue braccia, e la sua risata a deliziarle le orecchie, Akane promise a se stessa che non ci sarebbe mai stata una seconda volta.



    Mancava un quarto d’ora all’iniziazione di Mitsuru, e Akane si trovava nella stessa sala che l’aveva accolta dodici anni prima. Il kimono era diverso, così come il taglio di capelli; adesso Akane portava gli occhiali, che nascondevano pupille più scure, non più di un rosso splendente ma più vicine al marrone. Suzume non c’era più, sua figlia l’aveva sostituita.

    Erano cambiate molte cose, ma altrettante erano rimaste uguali: lo specchio era lo stesso, così come il resto del mobilio, e lei si sentiva la stessa bambina nervosa e eccitata all’idea del suo primo Rituale. Anche il fermaglio che le aveva regalato Suzume era al suo posto tra le pieghe dell’obi. Ciò che contava non era cambiato.

    Guardandosi allo specchio, Akane sorrise, e portò una mano al petto. Lasciò che il suo cuore battesse un paio di volte contro il suo palmo, poi si alzò dallo sgabello e uscì dalla sala. Seguì i suoni familiari, la musica sobria e il mormorio della sua famiglia, resistendo al bisogno di accelerare il passo per arrivare prima, nonostante non fosse in ritardo.

    Anche la Sala del Sacrificio era sempre la stessa, almeno superficialmente. Ad Akane sembrò comunque che qualcosa la rendesse più luminosa, almeno ai suoi occhi: la osservò minuziosamente come se fosse la prima volta che vi metteva piede, soffermandosi sulle figure dei quattro Sommi mascherati, già sistemati al centro della sala. Gli occhi allenati di Akane riuscivano ormai a distinguerli chiaramente, ma per l’occasione preferì non dedicarvi troppo tempo, lasciando intorno a loro una parvenza d’aura misteriosa. Si sistemò al suo posto, vicino all’altare centrale, dato il suo status d’apprendista, cercando i suoi compagni con lo sguardo: Kanna era già presente, ma mancava uno dei gemelli, anzi una. Ruu. Era raro vederli separati, e forse fu per quello che Akane si soffermò un po’ troppo su Takeo, che notandola alzò un sopracciglio nella sua direzione. Akane distolse immediatamente lo sguardo, colta sul fatto, e poté immaginare chiaramente il modo in cui Takeo roteò esasperato gli occhi alla sua reazione. Fece una smorfia con le labbra, sospirando.

    La sua mano cercò quella di Mitsuru e trovò il nulla. Le mancava terribilmente. Quando non era al suo fianco si sentiva persa. Per un attimo, solo uno, pregò che il suo rituale finisse in fretta, così da poterla avere nuovamente con sé.

    Col senno di poi, Akane avrebbe fatto e dato di tutto per poter tornare indietro e fermarsi in tempo.



    Le porte del tempio di aprirono, e fece il suo ingresso Mitsuru. Era avvolta nello stesso abito scarlatto riservato ai Sommi, una concessione straordinaria per via dell’occasione speciale. Non portava la maschera, dettaglio che permise ad Akane di studiare il suo volto in serenità, di controllare che non fosse preoccupata o nervosa oltre il normale. Di assicurarsi che stesse bene. Immediatamente si sentì meglio, come se la sola presenza di Mitsuru fosse capace di curarla da ogni male. Akane le sorrise, e dopo poco la vide voltarsi verso di lei, brevemente, per ricambiare.
    A seguire, fece il suo ingresso il Tributo. Avendo assistito alla sua furia in prima persona, Akane si stupì di vederlo così remissivo e silenzioso: le venne da pensare che l’avessero già sedato, per proteggere i presenti e soprattutto Mitsuru. Akane ne fu immensamente grata.

    Non si soffermò troppo sul brigante, del quale non conosceva neanche il nome. Le cerimonie dove il Tributo non era uno di loro la interessavano di meno, normalmente, quindi concentrò tutti i suoi sensi su Mitsuru. La vide fermarsi al centro dello spiazzo circolare, dare le spalle ai quattro Sommi dopo aver ricevuto la loro benedizione, e aspettare che anche il Tributo si posizionasse di fronte a lei, a tre metri. Una fedele le porse il pugnale cerimoniale e il calice d’argento: Mitsuru prese il primo con la destra, la sua mano dominante, e il secondo con la sinistra, dirigendosi poi lentamente verso il brigante. Quello le porse le mani, con i palmi verso il basso, come se fosse stato già istruito al riguardo.

    Inizialmente Akane pensò di aver immaginato il tremore delle mani di Mitsuru. Scacciò quella sensazione non appena la lama retta dalla ragazza aprì un taglio sui palmi del Tributo, che non reagì minimamente alla ferita. La distrazione donata dal sangue contribuì a farle dimenticare quel dettaglio.

    Inizialmente il rituale procedette senza problemi. Mitsuru bevve il sangue del Tributo, poi tornò al suo posto e si tagliò il palmo, procedendo a tracciare un cerchio intorno a sé, e un triangolo al suo interno. La sua pelle diventò gradualmente sempre più scura, finché non si venne a formare la vaga sagoma di un teschio stilizzato, in bianco su nero, sui tratti del volto.

    Anche in quel modo, Mitsuru era stupenda. Akane non poté trattenere le prime lacrime, nel vederla così vicina al raggiungimento del suo sogno. Non aveva mai incontrato una persona devota come lei. Ci era finalmente riuscita.

    Dovette interrompere bruscamente il filo dei suoi pensieri quando un mormorio iniziò a farsi strada tra i presenti.

    – Mitsuru? –, sentì una voce spezzare il silenzio, quella di Ruu poco lontana da lei. Non si era neanche accorta che fosse tornata.

    Confusa, Akane mise a fuoco nuovamente la figura di Mitsuru. Era ancora al suo posto, ed era cosciente, quindi non si era sentita male né altro-
    Aveva la lama del pugnale rivolta verso il proprio braccio, scoperto e teso in avanti, ma la mano che reggeva l’arma tremava. Tutto il suo corpo tremava.

    Con orrore Akane si accorse che Mitsuru stava piangendo.

    – Mi- –, provò a chiamarla, ma uno spasmo violento scosse il corpo della ragazza di fronte a lei, e le parole le morirono in gola. Lasciò andare il pugnale, che cadde a terra, e cadendo Mitsuru calciò via il calice posato accanto a lei. Iniziò a urlare, e a contorcersi sul pavimento sporco di sangue, e Akane rimase a fissarla, paralizzata sul posto, finché i Sommi non la circondarono e la nascosero alla sua vista.

    A quel punto fu lei a urlare.

    – Mitsuru! –, la chiamò, provando a correre verso di lei e sentendo improvvisamente quattro braccia trattenerla. Ruu e Takeo si erano mossi come una sola persona verso di lei, e iniziarono a tirarla via con forza, nonostante i suoi tentativi di liberarsi dalla loro presa.

    – MITSURU! –. Le sue braccia erano tese verso la ragazza, ormai svenuta e sorretta da due dei Sommi. La stavano portando via, dalla parte opposta rispetto a lei. Urlò e urlò, implorò i gemelli di lasciarla andare, invano.

    Quando la voce le venne a mancare, e le forze la abbandonarono, Akane si lasciò andare ad un pianto violento e disperato. Per la prima volta nella sua vita, era terrorizzata. Ruu e Takeo la sorressero con più delicatezza a quel punto, facendola allontanare dal tempio senza dire una parola.



    Jashin non è un Dio paziente. Non c’è spazio, trai suoi fedeli, per chi è colto dal dubbio. Mitsuru l’aveva scoperto nel modo peggiore, e Akane con lei.




    CITAZIONE
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    Akane Harada
    RIdVjzU
    General Info

    • Nome e cognome: Akane Harada
    • Età: 28
    • Data di nascita: 23/10
    • Villaggio: Iwa
    • Ryo: 125
    • Elementi: Doton, Raiton
    • Evocazione: Serpenti
    • Grado: Genin
    • Livello: 6
    • Exp: 134/135

    • Aspetto fisico: Akane si presenta come una donna appena più alta della media, sfiorando il metro e settanta. La pelle è chiara, e priva di qualsivoglia cicatrice o segno particolare: il suo pallore è accentuato dal contrasto con il morbido caschetto di capelli corvini, che le incorniciano il volto affilato e magro. Gli occhi sono piccoli e scuri, di un marrone rossastro, semi-nascosti da un paio di occhiali dalla montatura sottile. I tratti del volto sono affilati, le sopracciglia sottili formano un arco che la fa sembrare perennemente infastidita. Anche quando distende il volto, l’impressione che dà è quella di una persona distante e disinteressata, nonostante non ci sia nulla di più lontano dalla verità. Ha preso l’abitudine di sorridere spesso, per contrasto.
    Non è particolarmente muscolosa, né imponente. Non sembra avere il fisico più adatto per la vita da ninja, cosa che potrebbe far pensare che si sia trattato di una decisione presa forse un po’ troppo tardi. E’ asciutta e spigolosa, ma ci sta lavorando su. Deve, se vuole svolgere al suo meglio il compito divino che le è stato assegnato e allo stesso tempo contribuire come può per il villaggio che ha scelto come nuova casa.

    Personality

    Akane è una donna posata e riflessiva. Quel tipo di persona che pensa prima di agire, a volte esagerando al punto tale da bloccarsi alla prima fase e non arrivare mai alla seconda. E’ stata ben educata, e ama pensare di essere una persona pronta a tutto per aiutare il prossimo. Ha un suo forte codice morale, che le impedisce di agire sugli indifesi e i più deboli di lei, rendendo il suo dovere nei confronti di Jashin un tantino più complicato rispetto al seguace tipico. Non ama la violenza, ma è disposta a ricorrervi se e quando necessario. La sua fede è incrollabile, dopo anni e anni di condizionamento mentale, o ‘insegnamenti’ se si dà ascolto a lei, ed è fermamente convinta che la causa della sua comunità sia giusta. Sacra. E’ molto precisa sia nel suo lavoro che nelle sue pratiche più private. Sa come eseguire gli ordini senza farsi domande o porle ai suoi superiori. Nel caso in cui una missione metta in discussione le sue convinzioni, le regole che si è autoimposta nel corso degli anni, Akane è capace di farsi in quattro per trovare un compromesso che possa soddisfare entrambe le parti. Il più delle volte si mette i bastoni fra le ruote da sola, perdendosi in conflitti morali del genere.
    Quando si tratta dei rituali che deve compiere, la sua meticolosità raggiunge livelli astronomici. I candidati sono scelti sempre con cura, come le è stato insegnato, e vengono onorati in ogni momento del rituale. Grazie alle sue preghiere la loro anima è salva tra le braccia di Jashin, e il dolore è minimo, a meno che non sia il candidato a volere l’opposto. Quando le è possibile li seda, preferendo essere l’unica a provare dolore per entrambi. I preparativi prima del sacrificio finale sono ancora più corti di quanto previsto dalle istruzioni dei Sommi, per via di una sua preferenza: non ha mai amato la tortura, vertendo per un processo più veloce e formale. Niente fronzoli. Per sua fortuna finora Jashin non si è mai lamentato.
    E’ gentile e disponibile con tutti, ma sempre e solo a un livello superficiale. Sa di doverlo essere per poter sopravvivere fuori dalla comunità, e in un certo senso sa anche di essere così. Sa di non essere una cattiva persona. Saperlo e poterlo dimostrare, poter vivere tranquillamente senza la paura di essere giudicata o ‘scoperta’ – da chi? per cosa? –, sono però due cose ben diverse. Non sa di cosa dovrebbe aver paura, né il perché di quell’ansia che la segue come un’ombra, silenziosa ma persistente, da quando è arrivata a Iwa.
    Forse è solo conseguenza del brusco cambio di rotta che la sua vita ha subito: da una piccola comunità al villaggio più grande e popolato del paese. Da un gruppo di persone che conosce meglio di quanto conosca se stessa ad un’infinità di sconosciuti. Da una comunità che accetta e normalizza l’omicidio in onore di un Dio a una società che vede i suoi fratelli come disgustosi criminali.
    Se solo sapessero, ci penserebbero due volte prima di accomunarli agli individui che hanno infangato il buon nome dei jashinisti. Se solo potesse convincerli… Ma non è compito suo convertirli. Né giudicarli per la loro ignoranza. Non avrebbe commesso il loro stesso errore.
    Deve solamente abituarsi.
    Background

    La vita di Akane inizia qualche mese dopo aver compiuto 5 anni, quando viene accolta nella piccola comunità risiedente nell’entroterra del paese della Roccia. Non possiede ricordi prima di quel momento: i volti dei suoi genitori, ammesso che siano mai esistiti, non sono altro che una macchia indistinta. Forse li ha inventati lei, perché logicamente qualcuno deve pur averla messa al mondo. Non sa dove siano, che fine abbiano fatto, non l’ha mai saputo e non le importa.
    La sua famiglia è la comunità. E’ lì che ha trovato i suoi fratelli e le sue sorelle. I suoi genitori sono i Sommi che la guidano.
    Jashin è il suo unico maestro.
    I seguaci del dio della guerra e del caos sono famosi per essere assetati di sangue, spietati assassini senza freni e pudore. Non c’è dubbio che la loro reputazione non sia delle migliori. Ma i suoi fratelli, guidati dai Sommi, vivono la fede e la devozione al loro dio in maniera più moderata, meno appariscente. La loro visione del culto è profondamente diversa da quello che il tempo ha reso ‘la norma’, forse per via dell’isolamento forzato che ha portato la comunità ad essere, nel corso dei decenni, un organo del tutto autonomo, per quanto piccolo e sconosciuto ai più.
    Jashin è un dio volubile e iroso, e la sua pazienza è infinitamente fragile: solo coloro che hanno ricevuto il suo dono, solo i più fedeli possono sperare di soddisfarlo e placarlo, distoglierlo dalla decisione di ripulire il mondo da esseri a Lui inferiori. I sacrifici umani, i rituali compiuti dai Sommi, sono necessari, intrinsechi al culto stesso. Sono la via più veloce per comunicare col Dio. Sono un dovere sacro.
    Akane cresce circondata da questi precetti, convive con l’idea della morte, accettandola con l’ingenuità amorale di una bambina. Impara a rispettarla tanto quanto la vita, impara a cercarla quando necessario ma senza abusarne, impara a somministrarla ai suoi sacrifici con precisione e fervore, in osservanza delle regole che la guidano per tutto il suo addestramento.
    Il candidato deve essere scelto con cura, poiché deve soddisfare Jashin. Individui che hanno vissuto nella violenza, recandola o subendola, sono considerati ideali.
    Il candidato deve essere onorato, poiché verrà accolto e amato da Jashin. Non c’è onore più grande che morire nel Suo nome.
    Nella loro comunità non sono mai stati rari i volontari, fratelli e sorelle che decidono di donarsi a Jashin dopo aver contribuito al meglio delle loro capacità per la sopravvivenza e la prosperità della collettività. Un nuovo inizio, una nuova vita. Una speranza che viene sottratta a chi riceve il Dono dell’immortalità.
    In questo senso la benevolenza di Jashin si tramuta in una punizione quasi insopportabile. Pochi, nella comunità, sono forti abbastanza da accettarla e sostenerla. Chi viene ritenuto degno di portare con sé un tale fardello compie il suo primo rituale al tramonto dei suoi venticinque anni, e successivamente può scegliere se rimanere nella comunità per addestrare futuri seguaci o se abbandonarla per diffondere il verbo di Jashin in maniera indipendente.
    Akane opta per la seconda.

    dK6MPWg

    Statistiche

    • Forza: 17
    • Resistenza: 15
    • Velocità: 23
    • Agilità: 23
    • Precisione: 25 +4
    • Riflessi: 27 +4
    • Chakra: 280

    Abilità:

    • Camminare in verticale
    • Camminare sull'acqua

    Armi leggere:
    • Evocare armi leggere migliorato
    • Fili di chakra

    Tecniche

    • P.A. disponibili: 5

    Tecniche base:
    • Tecnica della Trasformazione
    • Tecnica della Moltiplicazione del Corpo
    • Tecnica della Sostituzione

    Tecniche Doton:
    • Crosta (D)
    • Spostamento Sotterraneo (Moguragakure no Jutsu) (C)
    • Clone di terra (Doton Bunshin no Jutsu) (C)
    • Arma nera (Tsuchi no Buki) (C)
    • Talea (B)

    Tecniche Doton:
    • Armatura Raiton Parziale (C)

    Non-elementali:
    • Arte magica: Psicocinesi (Ninpou: Saikokineshisu) (B)

    Taijutsu:
    • Arte dello shuriken: Tecnica degli Shuriken Ombra (Shurikenjutsu: Kage Shuriken no Jutsu) (B)

    Genjutsu:
    • False Mani Curative (C)
    • Spiedi con campanelli: Illusione Multipla (Genjutsu Senbon) (C)
    • Tecnica del Sonno (Nemuri) (C)

    Personali:
    • Illusione di mortalità (C)

    Non elementali:
    • • Tecnica del Richiamo (D)

    Innata

    Culto di Jashin lvl 2(x)

    Immortalità di Jashin
    La tecnica difensiva, unica nel suo genere, che rende capace il possessore di rimanere in vita anche dopo aver subito danni mortali. Il senso del dolore comunque rimane, ma le emorragie si fermano quasi immediatamente, limitando molto la perdita di sangue, e non impossibiliteranno in alcun modo il ninja a combattere. Le ferite agli organi interni non pregiudicano il funzionamento dell'organismo del Jashinista, in quanto non ne ha bisogno per rimanere vivo. In caso di amputazioni, ogni parte del corpo separata dalla testa non si potrà più muovere.

    Rito Sacrificale
    Tipo: Hijutsu
    La tecnica offensiva di chi appartiene al culto di Jashin. I preparativi per questa tecnica sono molto lunghi, ma una volta eseguiti si ha la certezza di poter ferire il proprio avversario senza che esso possa difendersi. Questa tecnica richiede i seguenti requisiti:
    -Bere il sangue avversario
    -Disegnare per terra, col proprio sangue, un triangolo inscritto in un cerchio, di una dimensione abbastanza grande da permettere all'utilizzatore di entrarvi dentro (questo procedimento impiega circa 5 secondi/mezzo turno)
    Dopo aver bevuto il sangue di un'altra persona il colore della pelle si farà nero, con una specie di disegno che ricorda lo scheletro umano. Per poter mantenere questo stato è necessario impiegare una certa quantità di chakra. Se si interrompe sarà necessario ingerire altro sangue dell'avversario per poterlo riattivare. Quando si è in questo stato e ci si trova all'interno del cerchio, le ferite che si subiscono vengono subite anche dalla persona della quale si è ingerito il sangue.
    (lvl 1)
    Subito dopo aver ingerito il sangue del bersaglio sarà necessario pagare 5 unità di chakra a turno per mantenere attivo il Rito Sacrificale.
    Durante il rito sacrificale si potranno trasferire sul bersaglio determinate ferite, pagando per ognuna un certo quantitativo di chakra:
    -Ferita lieve: 20 chakra
    -Ferita moderata: 50 chakra
    (lvl 2)
    Subito dopo aver ingerito il sangue del bersaglio sarà necessario pagare 8 unità di chakra a turno per mantenere attivo il Rito Sacrificale.
    Durante il rito sacrificale si potranno trasferire sul bersaglio determinate ferite, pagando per ognuna un certo quantitativo di chakra:
    -Ferita lieve: 15 chakra
    -Ferita moderata: 40 chakra
    -Ferita grave: 80 chakra

    Spec.

    Armi Leggere: I, II

    Armi

    • Kunai di ferro x10
    • Shuriken di ferro x10
    • Senbon d'acciaio x5
    • Senbon con campanellini di ferro x5

    Oggetti

    • Coprifronte di Iwa
    • Sacca x1
    • Zaino x1
    • Bastoncino di zucchero (x)


    Sacrifici


    Don't mess with cats -31/03/2020-
    A Natale puoi...? -24/12/2019-
    Seconda Chance -23/09/2019-
    Trial & Error -20/08/19-
    Color dell'ira -8/07/2019-
    Chi ha paura del buio? -2/06/2019-




    Edited by Naeli • - 8/4/2020, 16:53
  7. .
    Quando Anzu aveva aperto gli occhi definitivamente, un’ora e mezza prima dell’alba, lo aveva fatto con il programma dettagliato del resto della sua giornata già deciso, punto dopo punto, nella sua testa. Non le dispiaceva sapere come e dove avrebbe trascorso il suo tempo, e ottimizzare ciò che aveva a disposizione in modo tale da non sprecare neanche un minuto. Non era spesso possibile, soprattutto da quando si era messa al servizio del kage, permettendo all’intera organizzazione di richiedere la sua presenza e i suoi servigi a qualunque ora del giorno o della notte, anche e soprattutto senza il minimo preavviso. Poteva permettersi di pianificare il suo tempo solamente nei pochi giorni liberi che le venivano concessi. Giorni come quello.
    Aveva fatto colazione in silenzio, e con calma per una volta. I suoi orari di sonno sregolati le regalavano ben pochi vantaggi, ma se avesse dovuto sceglierne uno solo come suo preferito, sarebbe stato questo: riuscire a godersi il primo pasto della giornata in pace, da sola, al buio. Suo padre avrebbe dormito ancora per ore, e al suo risveglio per colpa del dopo sbornia non l’avrebbe trovata sicuramente a dargli il buongiorno. Suo fratello aveva lasciato il villaggio per una missione qualche giorno prima, e non era ancora tornato. Per quanto preferisse avere Daichi intorno, non le dispiaceva avere la scorta di latte tutta per lei ancora per qualche tempo.
    Si era concessa una ventina di minuti, prima di andarsi a cambiare ed uscire, muovendosi verso il campo d’addestramento 3. Il sole non era ancora sorto, ma il cielo si stava schiarendo man mano, e le lanterne per la strada erano ancora accese. Non aveva problemi a raggiungere la sua meta, e a reclamare come suo l’esatto centro del campo. Un altro vantaggio. Si era seduta a terra a gambe incrociate, tirando fuori le bende bianche che avrebbe dovuto usare dopo per fasciarsi le mani e le braccia. Le aveva messe da parte, e dopo un paio di profondi respiri aveva iniziato a meditare. Più o meno. Era una pratica ancora a lei sconosciuta per la gran parte, che aveva provato e velocemente abbandonato qualche mese fa, solo per riprenderla nell’ultima settimana. Era ancora lontana dal capire il trucchetto dietro le parole ‘svuota la mente’ ma ehi, almeno ci stava provando. Aveva cercato di rilassarsi e di pensare al nulla totale, iniziando a disconnettere i propri sensi per allontanarsi dal mondo materiale– o qualcosa del genere. Non ricordava le parole esatte di suo fratello. Come prima cosa aveva chiuso gli occhi, piombando nel buio.
    Era stata costretta a riaprirli nel momento in cui un rumore poco distante da lei, il cigolare del meccanismo che regolava le porte del villaggio, attirò la sua attenzione. Apprezzava quel campo addestramento proprio perché, essendo in periferia, era meno frequentato dai fighetti di Kumo, ma in casi come quello si ritrovava a rimpiangere la sua scelta. C’era un viavai non indifferente di mercanti, soprattutto in quella stagione. Normalmente Anzu non vi avrebbe fatto caso, e sarebbe tornata a meditare male, ma quella mattina la curiosità ebbe la meglio. Con un singolo sigillo attivò il Byakugan, concentrandosi sulle porte che stavano venendo man mano spalancate, focalizzando la sua attenzione sulla singola figura di fronte ad esse, in procinto di attraversarle. Una figura conosciuta, un suo compagno di grado che suo malgrado aveva incrociato più volte.
    Anzu corrugò la fronte, osservandolo da lontano finché non lo vide sparire oltre le porte.
    Dove diamine stava andando Tsuna a quell’ora?

    Le risposte arrivarono un’ora dopo, legate alla zampa di un piccolo gufo messaggero che si posò su di lei con tutta la tranquillità di questo mondo. Anzu lesse il messaggio velocemente, appallottolandolo poi con una mano e infilandolo in tasca. Fissò il gufo per qualche secondo, poi si alzò senza preavviso, arrivando a scacciarlo con la mano nel caso in cui il suo, di messaggio, non fosse stato ben recepito. Recuperò le sue cose con una certa flemma, rimpiangendo la sua giornata perfetta andata alle ortiche e rimuginando sul motivo di quella chiamata così urgente. Non era il modus operandi del suo jonin, ma in passato era stata convocata anche da altri ninja per missioni, quindi non poté escludere la cosa a priori. Anche il tono di quel messaggio conciso non preannunciava nulla di buono. Nessun dettaglio, neanche una sigla o una firma. Non aveva idea di cosa aspettarsi.
    Lasciò il campo d’addestramento 3 con un bruttissimo presentimento a ribollirle nello stomaco.

    Nel momento esatto in cui arrivò al campo, Anzu notò e riconobbe le uniche due figure presenti oltre a lei: Makoto, probabilmente convocata lì come lei, e Snake, un noto ninja del villaggio della Nuvola. Il fatto che fosse stato lui a chiamarle lì non aiutò a placare i suoi dubbi, né la sensazione che stesse per accadere qualcosa di spiacevole. Represse tutto quanto, almeno per il momento, serrando le labbra in una linea dura e avvicinandosi all’uomo, lanciando giusto un’occhiata a Makoto nel frattempo: era una donnola, quella?
    Si fermò a qualche metro da lui, portò le mani dietro la schiena e raddrizzò appena un po’ la schiena. Giusto per non sembrare in tutto e per tutto una zotica irrispettosa.
    Quando Snake iniziò a parlare, Anzu rimase ad ascoltare in assoluto silenzio, e mantenendo per la maggior parte del tempo la stessa espressione concentrata. C’era effettivamente qualcosa che non andava fuori dal paese, nonostante le costanti rassicurazioni partite dall’ufficio del kage. Finte rassicurazioni, a quanto pareva. Oppure la situazione era semplicemente degenerata notte tempo, richiedendo dell’aiuto immediato. Chissà perché ma la seconda opzione le pareva meno probabile. Il loro obiettivo sarebbe stata la Zanna, o meglio i mercenari stazionati all’interno, e non sarebbero state sole. Sembrava semplice e lineare, come missione. Per mandare, appunto, due pischelle come loro, evidentemente la situazione non era neanche così grave. Tsuna era stato mandato in missione per lo stesso motivo? Avrebbero trovato anche lui nella Zanna? Non riusciva a pensare a qualcosa di potenzialmente pericoloso, se avevano ritenuto opportuno mandare il Tonno in prima linea.
    Smise di teorizzare selvaggiamente quando Snake specificò l’importanza di non far intuire le loro vere intenzioni al resto del loro villaggio. Non dovevano destare sospetti, o meglio la preoccupazione dei civili. Anzu alzò un sopracciglio, inclinando appena il capo. Se il kage aveva l’intenzione di mantenere tutta l’operazione sotto silenzio lei non avrebbe obiettato, ma non poté fare a meno di pensare che il grande capo stesse un po’ peccando d’arroganza. Era convinto di poter risolvere tutto senza neanche accennare la cosa ai suoi cittadini? Far finta di niente fino all’ultimo?
    Forse era semplicemente lei ad avere la mente troppo avvelenata di prima mattina.
    – A chi dobbiamo dar conto una volta arrivate lì? –, chiese alla fine, quando Snake diede loro il permesso di parlare. Il resto le era parso chiaro, voleva giusto sapere se al loro arrivo avrebbero trovato qualcuno al quale fare riferimento o se, al contrario, avrebbero avuto carta bianca. Ne dubitava, era per questo che preferì chiedere.
    Per il resto i suoi dubbi erano stati chiariti. Le sue interiora? Più annodate di prima. Nonostante le rassicurazioni – finte pure quelle, bella ipocrita – che si era data durante il discorso di Snake, quel brutto presentimento era rimasto lì a pesarle sullo stomaco. Si premurò di non far trasparire nulla di tutto ciò quando si voltò verso Makoto, a riunione confusa, per stabilire un punto d’incontro.
    – Alle porte del villaggio tra venti minuti. –, la informò. Poi si congedò dall’uomo, e se non fosse stata fermata si sarebbe allontanata per tornare a casa e prepararsi per il viaggio.
    Casa sua era ancora immersa nel silenzio, per sua fortuna. Anzu si diresse verso la sua stanza con passi veloci, non dandosi il tempo di pensare a cosa stesse facendo o stesse per fare, riempiendo la sacca di tutto ciò che le sarebbe potuto servire: cambio d’abiti, bende, razioni, soldi. Agganciò alla cinta la ricetrasmittente e la sacca nuova di zecca, nella quale infilò senza un ordine particolare tutti i tonici che aveva e le armi più piccole, kunai e shuriken. Non cambiò molto del suo aspetto, soprattutto per quanto riguarda gli abiti: rimase in felpa, pantaloni e sandali, e strinse solamente la coda che le teneva i capelli fermi, non ritenendo necessario rifarla da capo. Legò il coprifronte al collo, lasciò una nota breve e concisa sul tavolo della cucina e dieci minuti dopo era già fuori casa.
    In altri dieci raggiunse le porte del villaggio. Non trovò Makoto ad aspettarla, quindi si limitò ad ricoprire lei quel ruolo. Quando la ragazza arrivò Anzu le lanciò un’occhiata, e una più lunga all’animale che portava con sé. Probabilmente le avrebbe chiesto qualcosa durante il viaggio. Si mosse verso l’uscita, adocchiando le guardie che le notarono a loro volta, riferendo le stesse parole di Snake quando chiesero il motivo della loro uscita. Bastò, come promesso.
    Una volta fuori da Kumo i sensi di Anzu si misero all’erta: iniziò a far strada istintivamente, percorrendo gli stessi sentieri montani che conosceva ormai bene. Non sarebbe stato un viaggio lungo, né in teoria particolarmente difficile. Conoscevano entrambe il territorio, almeno fino al confine, e la Zanna in sé era un paese di passaggio, una tappa praticamente obbligatoria per raggiungere il resto del continente via terra. Non aveva mai avuto nulla di cui preoccuparsi.
    Stavolta però c’era un conflitto di mezzo, praticamente alla loro porta. Né lei né Makoto avrebbero dovuto prendere sottogamba quel viaggio. Anzu si trattenne dall’attivare il Byakugan per tutto il tragitto solamente per non esaurire le energie ancora prima di arrivare al fronte, e quindi dover sprecare uno dei pochi preziosi tonici che aveva. Rimase con i nervi a fior di pelle per tutto il tempo, aprendo bocca solamente per avere i dettagli necessari sulla donnola di Makoto – cosa, dove, come, quando, perché – e per rispondere, laconica, a sue eventuali domande o dubbi. Proprio una delizia come compagna di viaggio.
    Una volta messo piede sul territorio della Zanna le cose, se possibile, peggiorarono. Anzu si ammutolì del tutto, limitandosi a scandagliare i dintorni passo dopo passo, cercando qualsiasi segno di scontri o eventuali agguati. Contro dei mercenari ci si doveva aspettare di tutto. Solo quando riuscì a scorgere, in lontananza, qualche segno di uno scontro in atto, come una moltitudine di minuscole figure agitate, una cacofonia di suoni distanti e ovattati, e i contorni sbiaditi di mura assediate, Anzu si permise un respiro un po’ più profondo. Erano arrivate.
  8. .
    CITAZIONE
    Naruto Garden presenta 'La Bella e la Bestia, villain edition'!
    Con:
    Anzu Yamazaki nei panni di Gaston
    Daichi Yamazaki (png) nei panni di Le Fou
    Hinako Hashiri (png) nei panni di pasticcera random
    Torte nei panni di Belle
    Izumi Usui nei panni del La Bestia (x)

    C’era una volta un vecchio e sperduto villaggio di montagna, abitato da gente diffidente e scontrosa. Tra di loro scorreva la sfiducia, ed era più unico che raro che uno si affidasse a un altro nel momento del bisogno. Ciò valeva per tutti, tranne che per la figlia di un vecchio combattente, di nome Anzu. L’aitante giovane era la pietra portante del paesino, le sue mirabolanti imprese danzavano di bocca in bocca nei sussurri più ammirati, esagerandone i particolari e contribuendo ad accrescere la sua fama. Poco importava che gran parte dei suoi trofei le fossero stati affidati dalla dea bendata, e che la ragazza avesse lavorato poco per ottenerli.
    Il gruppo di banditi venuto a minacciare la sicurezza del villaggio qualche mese addietro? Un branco di lupi affamato sbucato dalla boscaglia era bastato a scacciarli, e a malmenare abbastanza Anzu da far pensare ai compaesani che si fosse battuta con le unghia e con i denti per la loro difesa.
    L’enorme belva feroce che vagava nei boschi e rendeva impossibile la caccia? Ferita mortalmente dopo uno scontro con un suo simile, aveva dato di matto per un giorno o due prima di accasciarsi ai piedi della ragazza, finalmente morta, regalando cibo per settimane all’intero villaggio.
    Molte altre cose si dicevano sul suo conto, dalle più insensate, come quando girò la voce che una volta avesse fermato una valanga deviandone il percorso con tronchi d’albero che aveva sradicato a mani nude, a quelle più banali, ma almeno verosimili, che avevano come oggetto la sua prestante forma fisica e l’aura di mistero che la circondava. Di fronte al suo atteggiamento freddo e distante né uomini né donne si arrendevano, e le proposte d’unione fioccavano infinite ogni mese.
    Nonostante quella popolarità non voluta, Anzu rimaneva perlopiù una persona chiusa e immune alle moine del mondo, che l’annoiavano più che deliziarla: schivava la gran parte dei compaesani quando non c’era suo fratello a costringerla a incontri pianificati con i suoi ammiratori. Si era fatta un nome che non avrebbe mai ripudiato per non rinunciare ai vantaggi che le procuravano, ma non ricercava altra fama di sua volontà.
    Le uniche attenzioni che non rifiutava erano quelle della pasticceria vicino casa sua. Avevano aperto la bottega proprio per venire incontro al suo rinomato amore per i dolci, e avevano assunto la ragazza più carina del villaggio per rendere le sue visite al negozio più frequenti, per quanto possibile. Si chiamava Hinako, e serviva le torte migliori del paese. Anzu andava spesso a trovarla, approfittandone per gustare i dolci per i quali andava tanto matta.
    Tutto ciò subì una brusca deviazione quando una mattina ricevette una terribile notizia. Una piccola folla si era radunata di fronte alla pasticceria, e il loro vociare concitato attirò la sua attenzione. Hinako era l’unica a non parlare, evidentemente sotto shock.
    – Un balordo impellicciato ha rubato tutte le torte! –, si levò la voce della proprietaria della bottega.
    – Lo conosco, è il mascalzone che vive sulla montagna più alta, nel suo castello di roccia! –, gridò un altro, l’indignazione forte e chiara nel tono. Molte altre voci si attenuarono, riducendosi a sussurri preoccupati o spaventati, altre ancora ricorsero a termini irripetibili per descrivere il ladro. Mostro. Bestia. Hinako si accorse di lei per prima, e come risvegliatasi da un sonno turbato le corse incontro, aggrappandosi alle sue braccia e implorandola con occhi pieni di lacrime.
    – Anzu, vi prego, riportate a casa le mie torte! –
    Anzu rimase in silenzio per tutto il tempo, ribollendo di rabbia ma non mostrando nulla di tutto ciò all’esterno. Per lei sembrava tutto ancora così assurdo: chi avrebbe potuto mai fare qualcosa del genere. Cosa aveva spinto quella bestia a privare il suo villaggio – privare lei – delle deliziose torte di Hinako? Qualcuno doveva pagare. E l’intero villaggio era d’accordo con lei.
    Anzu si preparò per partire immediatamente, mentre i suoi compaesani si organizzavano a loro volta per scortarla fino al castello e far fronte comune di fronte alla minaccia che incombeva sulla pace del villaggio. Si armarono di torce e forconi, misero a disposizione i migliori carri e cavalli, misero da parte le loro divergenze per seguire Anzu in capo al mondo. Il viaggio durò per gran parte del pomeriggio, e fu una luna grande e piena ad accoglierli una volta arrivati di fronte alla fortezza della bestia. Essa era spaventosamente grande, e alla luce delle torce si mostrava scura e impenetrabile. Il grosso portone principale era sbarrato, impossibile da aprire solo spingendolo: Anzu vi si piazzò davanti, sfoderando i pugni, e dando fondo a tutta la forza di cui disponeva per la unica vera impresa della sua vita, quella per la quale si era allenato fino a quel momento. Il portone crollò sotto i suoi pugni e la fede incrollabile dei suoi compaesani, aprendo la strada all’onda di uomini e fiamme. Il castello venne preso d’assalto da uomini e donne, che però impararono ben presto a loro spese della pericolosità di quel luogo: qualunque oggetto o mobile toccassero esplodeva al contatto, lasciando più di una persona gravemente ferita. Anzu, a guida della rivolta, non dovette fare molta strada prima di incontrare il padrone di casa: la bestia fece la sua comparsa sulla sommità di un’alta scalinata, avvolto da pellicce e ninnoli tribali, sicuramente trofei animali di cattivo gusto. Il suo volto era sporco di glassa e cioccolato, e il sorriso tronfio che le rivolse non le fece pensare nulla di buono.
    – Arrivate tardi! Ho già mangiato tutto, stronzi! –, proclamò a gran voce, allargando le braccia. Diversi versi di sgomento si fecero strada dalla folla, ma la gran parte delle reazioni fu di tutt’altro tipo.
    – Mostro! –
    – Abominio! –
    – Maniaco! –
    La bestia rise fragorosamente, mentre sui suoi palmi scoppiettavano scintille di dubbia provenienza. Anzu si limitò a mettersi in guardia, facendo un passo avanti.
    – Vorrà dire che mi accontenterò della tua testa. –, ribatté, superando con voce calma l’ondata di indignazione proveniente dai paesani. Quelli si ammutolirono per un attimo, riprendendo poco dopo ad urlare: quella volta però facevano il tifo per lei. Non si arrestarono neanche quando la bestia raggiunse Anzu con un balzo disumano, atterrando di fronte a lei e brandendo i pugni esplosivi con un ghigno malvagio. Si prepararono entrambi ad attaccare, mentre la folla li circondava.
    Fu una lotta senza esclusione di colpi, ma alla fine Anzu riuscì a prevalere sull’altro. Dopo averlo sconfitto gli strappò di dosso la pelliccia, mettendosela sulle spalle e lasciando la bestia alle cure del villaggio per inoltrarsi nel castello, alla ricerca di torte superstiti. Intorno a lei la fortezza iniziò a crollare, non potendo continuare ad esistere con il suo creatore incosciente, dandole poco tempo per fare tutto. Quando trovò il frigorifero dove erano state conservate le torte capì con orrore che ormai era troppo tardi: ogni singolo dolce era stato irrimediabilmente deturpato da un morso della bestia. Per loro non c’era ormai nulla da fare; con il cuore stretto in una morsa Anzu decise di lasciarle lì, e uscì dalla fortezza subito prima che questa collassasse definitivamente su se stessa. Così mise la parola fine a quell’incubo.
    Una volta tornati al villaggio, la bestia fu sentenziata ai lavori pesanti per il resto della sua vita; dalla sua pelliccia Anzu ricavò un delizioso tappeto che poi regalò alla proprietaria della pasticceria come consolazione per non aver potuto salvare le sue torte.
    Grazie a quell’impresa la fama di Anzu crebbe più che mai, e la determinazione con la quale difese l’onore delle torte di Hinako le valse un rifornimento gratis di dolci a vita.
    Così visse per sempre felice e contenta.
  9. .
    La convalescenza di Anzu era durata davvero poco. Nel giro di una settimana aveva voluto alzarsi definitivamente dal lettino d’ospedale dove l’avevano relegata, aveva preso le poche cose che aveva con sé e si era subito diretta dal suo coordinatore di missioni per farsene dare una. Era passata da casa solo per un paio d’abiti e del cibo.
    Le era stata assegnata una ronda in gruppo. Un altro genin da Kumo, e uno di Oto. Non conosceva nessuno dei due, ma non se ne stupiva data la sua refrattarietà, per non dire completa estraneità, ad una vita sociale. L’informazione non le aveva fatto né caldo né freddo, inizialmente. Da sola o in compagnia quella missione le avrebbe fruttato qualcosa, qualche spicciolo che avrebbe potuto portare a casa. Avrebbe sopportato anche il peggiore dei compagni di squadra… tranne Izumi.
    Anzi, Baku. Aveva subito messo in chiaro quella cosa, non appena il gruppetto si era incontrato nel punto prestabilito. Il nomignolo certamente rispecchiava la persona: esagitato e fastidioso come poco altro. Durante la ronda aveva ignorato almeno l’80% di ciò che aveva detto, che non fosse strettamente legato al loro compito. Al restante 20% aveva risposto con occhiatacce. Non era propensa a rivolgere parola a sconosciuti normalmente, figuriamoci con persone che sapeva le sarebbero risultate antipatiche già dalla prima occhiata.
    Tsunayoshi, sembrava l’opposto dell’otiano. Già il fatto che non urlasse come un pazzo ogni volta che doveva trasmettere un’informazione a qualcun altro gli fece guadagnare qualche punto a suo favore. Anche a lui disse a malapena qualche parola, giusto un cenno e una presentazione, ma almeno non lo aggiunse subito alla sua lista nera, come Izumi, il cui nome svettava orgogliosamente in cima.
    Rispetto agli altri due, la ragazza camminava dietro di loro. A qualche passo di distanza e non di più, per non rimanere troppo indietro, ma abbastanza da non farsi coinvolgere nei loro discorsi. Li osservava in silenzio, quando non controllava i dintorni con una certa paranoia addosso, una sensazione fastidiosa e onnipresente che le faceva rizzare i peli della nuca ad ogni rumore fuori posto. Difficilmente l’avrebbe ammesso ad alta voce, ma era grata per la presenza del resto del gruppo. Non farsi prendere dal panico ad ogni sussurro del vento e ombra tra gli alberi le avrebbe reso lo svolgimento della missione decisamente più semplice.
    Alzò il capo quando Izumi propose, o meglio ordinò, una deviazione verso una piccola spiaggia dimenticata dai Kami poco lontana. Anzu si accigliò visibilmente, ma essendo il biondo il leader momentaneo di quel trio non poté ribattere più di tanto. Ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni a metà polpaccio e calciò via una pietra, seguendoli.
    La spiaggia, in effetti, era invitante. L’acqua era limpida, la sabbia pulita, e l’intera zona era pressoché deserta, a parte un paio di figure lontane intente a chiacchierare. Anzu cercò un punto non troppo vicino al bagnasciuga e ci si sedette, a gambe incrociate. Non pensò neanche a sfilarsi la casacca grigia, rimanendo completamente vestita e attrezzata. Poggiò il gomito sulla gamba, reggendosi il capo con la mano, lanciando un’occhiata ai due genin.
    – Non metteteci troppo. –, disse solamente, prima di distogliere lo sguardo e osservare distrattamente gli altri due per qualche istante.
  10. .
    Per un attimo, per un solo istante, pensò di avercela fatta: i passi assordanti del suo inseguitore si interruppero di colpo, e rimase solo il rumore della pioggia ad accompagnare la sua fuga. Aver schivato i suoi kunai, anche se malamente, poteva davvero averlo fatto desistere dall’inseguirla? Non osò rallentare ulteriormente per voltarsi a controllare, già ostacolata dalle ferite alle gambe. Continuò a correre sotto la pioggia, col fiatone e brividi sempre più incontrollabili a scuoterle il corpo. Le conseguenze dell’essere rimasta così a lungo alla mercé degli elementi sembrarono manifestarsi tutte assieme, dalla testa pesante al fiato sempre più corto e lento, dai muscoli atrofizzati al male pungente e nauseabondo alle ossa.
    Pur non volendolo, rallentò. Rallentò di parecchio. Le faceva male il petto, le braccia, le gambe, tutto. Ma non poteva fermarsi, si impose di continuare e quello fece. Ad un occhio esterno sarebbe potuto sembrare stupido. Un gesto disperato e inutile, forse.
    Eppure la figura che le si parò davanti all’improvviso sembrava in vena di farle dei complimenti.
    Non si accorse della sua presenza finché l’altro non parlò. Ebbe un solo istante per registrare le sue parole, così come il suo aspetto, e solamente grazie a un lampo che illuminò i dintorni in quel momento. Istantaneamente, Anzu sentì di odiarlo. Avrebbe voluto colpirlo, e provò ad alzare anche un braccio per farlo, ma una volta costretta a fermarsi ogni muscolo del suo corpo rifiutò di collaborare. Era già un miracolo che fosse rimasta in piedi e non fosse caduta a terra come un sacco di patate. Lo lasciò cadere di nuovo e, con le palpebre sempre più cadenti, le membra sempre più stanche, provò almeno a pronunciare qualche parola con voce roca e stanca.
    – … Che cazzo stai dic- –, provò, appunto. A metà frase l’uomo scomparve e riapparve alle sue spalle, in un movimento tanto veloce da impedirle di seguirlo, e le tappò la bocca con forza. In barba all’intorpidimento di prima, forse per puro e semplice istinto di conservazione, Anzu si aggrappò con le unghia al suo braccio, dimenandosi per qualche secondo con tutto il corpo, almeno finché di fronte ai suoi occhi non iniziarono a danzare macchioline scure. Le proteste si fecero sempre meno frequenti e più deboli, la stretta sul braccio del tipo si allentò, finché le braccia non caddero a penzoloni lungo i suoi fianchi. La accolse il buio.

    Quando si svegliò, vi era ancora immersa. Era al coperto, in un qualche tipo di stanza: la sola candela che illuminava l’area le provocò un fastidio non indifferente alle pupille, che si restrinsero fino quasi a sparire. Serrò le palpebre nel momento stesso in cui le aprì, borbottando qualche parola poco delicata nei confronti della situazione in cui si trovava e, in generale, del mondo che pareva avercela con lei. provò ad alzare un braccio per passarsi una mano sul volto, scostare almeno i capelli umidi e appiccicosi dalla fronte: scoprì dalla sua pesantezza di essere in qualche modo legata, probabilmente da catene. Ne sentì la presenza ai due polsi e alle due caviglie. Ancora cieca, provò a mettersi seduta, poi a tirare le catene che la costringevano, testando sia la loro resistenza che i movimenti che le permettevano di fare. per una serie di motivi, nessuna delle due analisi le diede risposte positive. Era ancora debole e intontita dallo scontro di prima, quindi le catene si limitarono a fare rumore e poco altro, con i suoi strattoni; non riuscì a mettersi neanche in piedi, quindi fu costretta a rimanere col dubbio sulle sue effettive possibilità di movimento.
    Provò ad aprire gli occhi una seconda volta, adesso schermandosi il volto con una mano, abituandosi alla luce che proveniva dalle fessure create dalle sue dita e solo dopo affrontando la fiammella lontana a viso aperto. Andò meglio. Anzu riuscì, dopo essersi adattata alla fonte di luce, a scorgere qualcosa intorno a lei: la stanza era quasi del tutto vuota, a parte un mucchio di mobili a qualche metro da dove era incatenata, una porta in fondo a destra e un secchio, l’unica cosa a portata di mano. Non le venne difficile immaginarne l’utilizzo, soprattutto per via del puzzo. Storse il naso e strattonò una seconda volta la catena che teneva fermo il suo braccio destro, portando le ginocchia al petto e poggiandovi i gomiti. Nascose il viso dietro le mani, e sospirò.
    Si era cacciata in una situazione di merda. Non credeva che suo padre fosse capace di tanto, quindi fu costretta ad escluderlo, e rimase senza altre ipotesi da vagliare. A quel punto era probabile che avessero preso la persona sbagliata. Chi l’aveva catturata alla fine aveva menzionato gli Hyuuga, casata con la quale lei non aveva niente a che fare… che ne sapesse, almeno.
    La testa iniziò a pulsarle fin troppo dolorosamente, quindi dovette lasciar perdere per il momento. scostando il viso dalle mani gli occhi le caddero sui gomiti, guariti, e poi sugli abiti ancora umidi. Quindi era stata lì abbastanza tempo da far guarire delle abrasioni, ma non così tanto da ritrovarsi con i vestiti asciutti?
    Con uno scatto curvò la schiena, cercando di osservarsi i polpacci senza incastrarsi tra le catene, e notò che erano stati fasciati. No, l’avevano curata. Quel dettaglio le provocò un verso stizzito. Che gesto gentile da parte loro. Se non l’avessero effettivamente rapita, avrebbe pure potuto pensare di ringraziarli.
    Lentamente, strisciò col fondoschiena fino al muro dove erano attaccate le sue catene, e lì poggiò la schiena e la nuca. Sospirò di nuovo, un braccio poggiato sul ginocchio alzato e l’altra gamba più o meno distesa in avanti, e socchiuse di nuovo gli occhi. Non poteva addormentarsi, non avrebbe mai e poi mai permesso a quel gruppo di pazzi di coglierla di sorpresa di nuovo, ma sentiva la testa talmente pesante e confusa da ritrovarsi costretta almeno a far riposare gli occhi.
    Quando li riaprì fu per colpa di un rumore improvviso. Una novità, nell’ultima mezz’ora, che Anzu non si lasciò sfuggire: raddrizzò immediatamente la schiena e, questa volta mettendoci più forza di volontà, riuscì pure ad alzarsi. Certo, incatenata com’era non avrebbe intimidito nessuno, ma non era disposta a farsi trovare dal suo carceriere rannicchiata in un angolo, tremante dalla paura. Assottigliò le palpebre, preparandosi solo così ad altra luce che le avrebbe fatto lacrimare gli occhi, e irrigidì l’intero corpo quando sentì dei passi avvicinarsi a lei. non capisce di chi si tratta finché non passa vicino alla candela al centro della stanza: non lo riconosceva – dubitava che avrebbe potuto riconoscere qualcuno dei suoi assalitori, tra maschere e buio –, e portava con sé un vassoio con del cibo. Anzu serrò la mascella, ostinata a non far trasparire nulla dal suo volto. In realtà la sola vista della zuppa e dell’acqua le fece venire l’acquolina in bocca, e risvegliò il suo appetito nonostante la presenza poco invitante, ma la ragazza aveva già deciso che non avrebbe toccato nulla. Sia per principio, che per precauzione nel caso il cibo fosse stato ‘corretto’ con droghe. O veleni.
    Fissò con astio il secondino, seguendolo finché poté, luce permettendo; quando la lasciò nuovamente sola col vassoio, Anzu tornò in ginocchio e vi si avvicinò per esaminarlo frettolosamente. Controllò di che materiale fossero il vassoio e la ciotola della zuppa, che per sicurezza versò senza ripensamenti sul pavimento della sua personalissima prigione. Non aveva armi con sé, quindi quando si fosse liberata avrebbe avuto bisogno di qualcosa da usare contro di loro a parte i suoi pugni. Qualunque cosa. Anche il secchio avrebbe fatto comodo più avanti, nei casi più estremi. Avvicinò tutto a sé, vicino alla parete, per poterli proteggere in caso tentassero di portarglieli via.
    Prese tra le dita anche il cucchiaio, voltandosi poi verso il muro dietro di lei. Cercò di seguire con lo sguardo, e poi con le mani quando si rialzò, le catene che le bloccavano le braccia. Voleva trovare il punto nel quale erano attaccate al muro, sperando che fossero abbastanza in basso per permetterle di manometterle in qualche modo, col cucchiaio stesso o a mani nude. O almeno provarci. Qualunque cosa, pur di non rimanere con le mani in mano.

    Anzu Yamazaki
    STATS/ARMIJUTSU/CHAKRASTATO/FERITE
    LIVELLO:
    Forza:
    Resistenza:
    Velocità:
    Agilità:
    Precisione:
    Riflessi:
    2
    8 +2
    8 +2
    9 +2
    10 +2
    8 +2
    9 +2

    Post:
    //

    Potenziamenti:
    Taijutsu lvl 2: +2 a tutte le stat tranne chakra

    Armi:
    -1 kunai lanciato
    -1 kunai usato per provare a tagliare la corda
    70/80
    (-10: Moltiplicazione, 2 copie)
    Ferite:
    - Tagli lievi / moderati ai polpacci
    Stato Fisico:
    Ok

    Stato Mentale:
    Frastornata, determinata

  11. .
    Fino all’ultimo sentì i muscoli delle gambe urlarle di iniziare a correre, di allontanarsi il prima possibile da quel pazzo e dal suo compare che dall’altro lato la stava aspettando, di affidarsi per una volta nella vita alla sorte e non agli insegnamenti intrusivi del padre. Si costrinse al controllo, anche in quegli istanti, digrignando i denti e respirando pesantemente, alla ricerca di un ritmo regolare che trovò a fatica, e che spezzò nel momento esatto in cui iniziò a correre. L’uomo le fu quasi addosso ma lei riuscì ad evitarlo quasi del tutto: per un millesimo di secondo riuscì a notare la sagoma indefinita della maschera che indossava, molto più vicina rispetto a prima. Le mise i brividi. Le pupille si ridussero a due fessure a malapena distinguibili dall’azzurro dell’iride, che al contrario sembrò inondarle il volto a causa del suo sgranare gli occhi di colpo. Nonostante l’avesse visto correre verso di lei, il suo arrivo repentino la colse comunque di sorpresa.
    Riuscì a schivarlo per un pelo. Ne guadagnò un brutto spintone alla spalla, che la fece barcollare più di quanto avrebbe mai ammesso, ma che per fortuna non le impedì di iniziare a correre. Guadagnò nuovamente l’equilibrio nel giro di poche e ampie falcate, che l’aiutarono anche a distanziarsi dall’uomo e guadagnare, per il momento, un mediocre vantaggio. A giudicare dalla velocità con la quale le era arrivato addosso l’uomo, non sarebbe durato a lungo, quindi Anzu si ripromise di approfittarne finché lo aveva, finché quei metri l’avessero effettivamente tenuta lontana dal pazzo. Non si fermò a controllare se si fosse effettivamente fatto incastrare dal lazo che veniva dall’altra direzione, ma capì che per un qualche motivo si era fermato, quindi accelerò ulteriormente, portandosi al massimo consentitole dal suo corpo, dalle sue energie, e soprattutto dal terreno scivoloso per la pioggia. Cercando di regolare inspiri ed espiri, non volendo consumare tutta la sua batteria in un unico sprint ma allo stesso tempo senza la minima intenzione di rallentare, la ragazza cercò con lo sguardo qualcosa, qualunque cosa, che potesse aiutarla nella sua fuga. Come prima cosa cercò di muoversi in diagonale rispetto alla strada che stava percorrendo, per non rischiare di incappare nell’altro, di sconosciuto, che sembrava avercela con lei. Era anche importante continuare a dirigersi verso il villaggio lì vicino, che però per via di quella deviazione sembrava più allontanarsi che avvicinarsi… strinse i denti, scacciando quei pensieri. Ci avrebbe pensato dopo: aveva altro da affrontare al momento.
    Riparo, oggetti lontani ai quali appigliarsi per una sostituzione, tronchi, rocce, animali, cercò di scandagliare il più possibile in quei preziosi secondi che il suo diversivo le aveva fatto guadagnare. Cacciò giù il cuore che già pareva esserle salito in gola, tenendo sempre e comunque un occhio aperto su due, pioggia o non pioggia. Le sbatteva in faccia, la intralciava, la rallentava, sembrava che si fosse messa d’accordo con i suoi assalitori per renderle le cose ancora più difficili. La famosa fortuna dei Yamazaki.
    Si rese conto di quanto poco tempo avesse ancora a disposizione quando la voce del gigante si fece improvvisamente vicina. Molto di più rispetto a prima, e non le sembrava neanche che avesse urlato. Un guizzo le percorse ogni muscolo del corpo, dalle punte dei piedi alla base della nuca, e capì che doveva fare qualcosa, qualunque altra cosa che non fosse correre. Maledicendo chiunque le capitasse a tiro scavando nei ricordi, in primis suo padre, il destinatario dei suoi peggiori insulti quotidiani, agì solo quando fu davvero vicino, non più di 5 metri da lei, pur soppesanto pro e contro: sfilò un kunai dalla cinta che portava alla coscia destra, tirandolo per l’anello alla fine del manico, e caricò il lancio con il braccio corrispondente ruotando tutto il corpo, soprattutto il busto. Piantò i talloni sul terreno, per darsi una base un po’ più solida e anche per usarli come perno per il movimento rotatorio. Puntò al ginocchio destro dell’uomo, sperando di non mancarlo data la vicinanza, ma anche tenendo in considerazione la scarsa visibilità per via della pioggia. In ogni caso non si diede il tempo di controllare se la sua azione fosse andata a segno: riprese bruscamente a correre, cambiando direzione in maniera repentina, adesso cercando di ri-avvicinarsi alla via lastricata dalla quale si era allontanata proprio per colpa del suo inseguitore. Per quanto tempo avrebbe dovuto correre? Fino al villaggio? Ammesso che non riuscissero a prenderla prima. Per una volta, non era sicura di farcela.

    Anzu Yamazaki
    STATS/ARMIJUTSU/CHAKRASTATO/FERITE
    LIVELLO:
    Forza:
    Resistenza:
    Velocità:
    Agilità:
    Precisione:
    Riflessi:
    2
    8 +2
    8 +2
    9 +2
    10 +2
    8 +2
    9 +2

    Post:
    //

    Potenziamenti:
    Taijutsu lvl 2: +2 a tutte le stat tranne chakra

    Armi:
    -1 kunai lanciato
    80/80
    Ferite:

    Stato Fisico:
    Ok

    Stato Mentale:
    Braccata

  12. .
    Neanche il tempo sembrava voler essere clemente con Anzu, in quei giorni. In primis c’era stata la missione, una misera consegna di documenti che però l’aveva costretta a compiere il suo primo viaggio vero e proprio- un viaggio che implicasse uscire dal suo paese, insomma. Poi la socializzazione forzata alla quale l’avevano sottoposta i chuunin che l’avevano ‘accolta’: a quanto pare il cognome Yamazaki non era del tutto sconosciuto da quelle parti. In circostanze diverse sarebbe stata quasi fiera di suo fratello, ricordato positivamente almeno da quei tre individui, forse suoi ex compagni di missione… ma sul momento l’aveva maledetto a mezza voce, e nient’altro.
    Aveva concluso i convenevoli più in fretta possibile e aveva rifiutato un alloggio per la notte. Tra il tempo che le ci era voluto per arrivare e quello che aveva perso tra la consegna dei documenti, il chiacchiericcio e la repentina fuga, quando era partita era ormai pomeriggio inoltrato: infine sera, a più di metà strada da casa.
    Anzu alzò gli occhi al cielo, cercando di calcolare quanto tempo avrebbe ancora avuto per trovare riparo prima di ridursi a una pezza bagnata. Avrebbe probabilmente apprezzato un acquazzone estivo di mattina, per sconfiggere il caldo, ma non nella situazione in cui si trovava adesso. Non era accaldata, e lo dimostravano la casacca senza maniche e i pantaloni al ginocchio che indossava: si stava bene, per lei. Il peso sulla sua schiena, lo zaino che portava con sé, era leggero all’andata, e lo era ancora di più adesso che aveva consumato parte delle razioni che aveva preparato per il viaggio, insieme a un cambio d’abiti e dell’acqua. Era a stomaco pieno, fresca, ancora stabile sulle proprie gambe, asciutta, e soprattutto sola. Non c’era bisogno di cambiare nulla di quella serata.
    Una cosa di cui avrebbe fatto a meno, però, forse c’era. L’ennesimo formicolio alla base della nuca la fece irrigidire da testa a piedi, ma come la volta precedente, avvenuta appena quattro minuti prima, voltandosi verso la direzione indicatale dall’istinto non vide niente di strano. Solo erba semi-alta, cespugli scuri, qualche albero in lontananza. Rimanendo a fissare il punto che, per qualche motivo, l’aveva allarmata, Anzu strinse gli occhi e represse a malapena uno spasmo alle dita della mano destra chiudendola a pugno. Le fasciature, sporche ma fitte, strinsero un po’, ma la ragazza non ci fece caso. Neanche una volta aveva allungato le dita verso l’impugnatura dei suoi kunai, allacciati alla coscia, o per raggiungere la piccola saccoccia che conteneva gli shuriken ancora nuovi di fabbrica o quasi. Non era abituata ad usarli quanto i suoi pugni.
    Lentamente si voltò, tornando a seguire la strada deserta con lo sguardo, ma con un’irrequietezza crescente e sicuramente spiacevole, per una come lei. A nessuno piaceva stare sulle spine per via di un nemico invisibile. O peggio, per gli scherzi di cattivo gusto della propria mente. Anzu non era da meno. Farsi suggestionare da rumori e giochi d’ombra era da deboli. Non importava che fosse in un paese sconosciuto, completamente sola nel giro di chilometri, e nel buio più fitto grazie alla luna oscurata. Non era da mettere in conto che quella fosse la sua prima sortita in ventidue anni. Se si fosse fatta prendere dall’agitazione in quel momento, avrebbe già fallito. Avrebbe già perso.
    Quindi non rallentò, ma se è per questo neanche accelerò. Mantenne il suo passo regolare, come a dimostrare a qualcuno – chi, non lo sapeva, ma a qualcuno – che tutto ciò non la stava scalfendo minimamente. Ridusse al minimo le occhiatine nervose che lanciò in giro, concentrandosi sul villaggio che aveva incrociato all’andata e che sicuramente sarebbe stato lì ad accoglierla anche al ritorno. Forse a loro l’avrebbe chiesto, dopotutto, un letto per passare la notte.
  13. .
    :happycry: Sostituita, grazie mille per averla sistemata!
  14. .
    CITAZIONE
    Ritratto © ¬maxxx


    • Nome e cognome: Anzu (杏津, kanji di albicocca e porto) Yamazaki (山崎, kanji di montagna e promontorio)
    • Età: 25 (22 Marzo 195)
    • Altezza: 1,54 m
    • Peso: 65 kg
    • Villaggio: Kumo
    • Ryo: 850
    • Elementi: Fulmine, Fuoco
    • Grado: Chuunin

    • Livello: 15
    • Exp: 618/675

    • Aspetto fisico: Una nana scorbutica, ecco quello che è. Non supera il metro e cinquantacinque neanche sforzandosi, e nonostante sembri magrolina sotto quei vestiti larghi e cadenti è tutta un fascio di muscoli, che con i costanti allenamenti incentrati sulla forza e la resistenza muscolare sono solamente aumentati. La forza fisica è ormai il suo vanto più grande, insieme alla sua capacità di incassare la gran parte dei colpi che riceve. Le caratteristiche più visibili sono gli occhi di un azzurro glaciale, quasi bianchi, seguiti subito sotto da delle sempre presenti occhiaie che ormai non cerca neanche più di nascondere, e il naso fortemente ingobbito, ormai perennemente storto a furia di rompersi e rinsaldarsi. La mascella è squadrata, i lineamenti duri, la fronte ampia, le labbra sottili. Ha le mani piccole, ma forti, e ricoperte di segni e calli. Anni di azzuffate col fratello maggiore, il padre, e occasionalmente qualche povero tronco d'albero in assenza di avversari più interessanti. La pelle è quasi del tutto priva di nei o voglie, ed è secca, tende a screpolarsi. Sono molto più numerose le cicatrici, i segni di botte, cadute e fratture vecchi di anni. La più particolare e anche la più vistosa è quella che le ha inflitto il suo stesso padre, e si trova sul suo volto: circonda il suo occhio sinistro, formando un cerchio quasi completo che si spezza all’altezza del naso. A causa di un trattamento medico maldestro i segni sono molto evidenti, e i bordi frastagliati. Anche i capelli biondi vengono appena trattati, e di recente ha deciso direttamente di tagliarli quasi alla radice, lasciando lungo solo il ciuffo sinistro, per poter nascondere almeno in parte il volto sfregiato. Non si cura molto del suo aspetto fisico o dell’abbigliamento, solitamente indossa ciò che reputa più comodo: felpe, maglioni, t-shirts, jeans, sneakers. Ha un buon rapporto con il freddo quindi la si vedrà spesso più scoperta del ‘normale’.
    zydiZaL

    Anzu è una persona riservata, silenziosa, forse troppo. Questo non è mai cambiato nel corso degli anni e forse mai lo farà. Le è capitato più volte di mettere a disagio qualcuno con la sua particolarissima abitudine, quella di ‘guardare e non favellare’. Gli occhi glaciali, allo stesso tempo disinteressati e penetranti, non aiutano a migliorare la sua aura a dir poco inquietante. Si trova a suo agio in compagnia di un libro e del silenzio assoluto, quando non è occupata in missioni di vario genere. In precedenza questi momenti erano gli unici a darle pace, soprattutto di sera quando l’insonnia la tormentava, problema che fortunatamente sta iniziando a risolvere man mano che la sua vita prende un ritmo più stabile, e soprattutto da quando si è ritrovata a vivere in un luogo più sicuro e tranquillo della sua vecchia abitazione.
    L'allenamento però rimane sempre e comunque il suo palliativo più efficace.
    Fin da piccola si è concentrata nelle arti marziali, provandone più di una e non specializzandosi per quello in alcuna di esse, mescolando gli stili per trovare quello più adatto a una come lei. Possiamo dire che, da quando si allena da sola, sia la sua attività preferita, perché riunisce tutto ciò che lei gradisce di più: il silenzio, la tranquillità, la concentrazione, e la solitudine. Da quando ha sbloccato il Byakugan e ha iniziato a fare squadra con Makoto, conosciuta per i suoi movimenti agili e quasi ferini, Anzu si è “divertita” a implementare pezzi di entrambi gli stili nella sua routine, ampliando e migliorando il proprio arsenale giorno dopo giorno.
    Dopo anni di solitudine forzata, soprattutto da se stessa e dal padre, Anzu è finalmente riuscita a creare dei legami duraturi e importanti per lei. Forse a trovare una famiglia tutta sua, se non addirittura due. Rimane la solita cavernicola scontrosa, ma in un certo modo come ammorbidita dall'affetto – esplicito o meno – che la circonda e che, finalmente, crede di meritarsi.
    È ancora difficile farla davvero arrabbiare, essendo dotata o di infinita pazienza nel caso di persone a lei care, o di totale indifferenza nei confronti del resto del mondo, ma tenere a qualcuno in modo serio, che si tratti di 10 persone o di una sola, porta inevitabilmente delle debolezze nella vita di chiunque: fortunatamente lei è abbastanza coriacea da potersi permettere il rischio. Chiunque provi a toccare le persone a cui tiene ha, per Anzu, i secondi contati.
    Lasciare l'ambiente tossico della sua vecchia “famiglia” si potrebbe dire che l’abbia fatta rinascere: sicuramente ha riacceso in lei una curiosità quasi infantile per tutto ciò di cui non ha potuto o voluto fare esperienza nei 20 anni passati. Non è ancora sicura di cosa voler fare nella vita, o di essere effettivamente portata in qualcosa a parte la lotta, ma adesso che sa di avere tutte le possibilità che il mondo esterno le offre l'incertezza non la spaventa più di tanto. Testarda seguace dello stile di vita “quel che sarà, sarà”, quando può si affida alla corrente.
    Quando non le è possibile, ha una fiducia cieca nel suo istinto e in quello dei suoi compagni, accuratamente selezionati per appoggiarla nelle missioni e, in generale, nella vita. Se c'è qualcuno al quale affiderebbe la sua vita, sicuramente quei qualcuno sarebbero Izumi e Makoto, che insieme a lei completano il Team Bestia, e Natsuki Kuga, Saetta Saggia di Kumo. Pochi, ma buoni. E soprattutto ancora in vita.
    Non ritiene di avere una ferrea moralità, e tra il bianco e il nero lei cammina ostinatamente nel grigio. Non tende per una o l'altra sponda, non crede che il Bene e il Male siano assoluti, e si comporta di conseguenza. Il suo giudizio varia da caso a caso: un giorno potrebbe assolvere un criminale, quello dopo giustiziarne uno lei stessa. Nonostante tutto è ostinata a voler pensare sempre con la sua testa, anche a costo a di andare contro all'opinione generale… o peggio, a un ordine.

    In casa Yamazaki la nascita di Anzu non è stata né richiesta né voluta: ben 9 anni dopo l'arrivo del primogenito, Daichi; in una famiglia dove la madre si ritiene troppo importante per lavorare e lascia il compito - approfittandosi dei profitti - al marito, frustrato archivista con l'hobby delle arti marziali e l'irraggiungibile sogno di diventare maestro riconosciuto di taijutsu. Quella quarta bocca da sfamare è stata una sorpresa e al contempo una condanna, sia per la micro-economia della casa che per la sua serenità interna, già traballante da anni. Neanche un anno dopo la sua nascita, quindi, la signora Yamazaki arriva a una soluzione tutta sua: il tempo di svezzare la bimba ed abbandona la casupola in cerca di prati più verdi, lasciando marito e figli a sopravvivere come meglio potevano.
    Anzu cresce quasi esclusivamente tra le braccia del fratello. Daichi si occupa di lei ricoprendo tre ruoli onerosi per un bambino così piccolo: padre, madre, fratellone. Il loro, di padre, è quasi sempre fuori casa, destreggiandosi tra secondi e terzi lavori, arrivando infine a ritagliare per sé un pezzetto del suo sogno iniziando a dare lezioni di arti marziali miste a ragazzini del quartiere. Un'entrata come un'altra, e infinitamente più soddisfacente del suo vecchio lavoro.
    Quando Anzu ha 4 anni, e Daichi 13, il signor Yamazaki cessa di essere un archivista. Si immerge a tempo pieno in quello che doveva essere un lavoretto secondario, rendendolo la sua fonte di vita e felicità, insieme ai primi successi del figlio maggiore ormai entrato in accademia ninja. E' portato per l'arte delle mani nude, Daichi, soprattutto fisicamente, e il padre lo rende il suo progetto personale. Quando non è in giro ad insegnare a privati, è a casa ad allenare il figlio, senza sosta per ore: Anzu osserva in silenzio, seduta sul gradino della veranda dimessa, abbandonata a se stessa fino ad ora di cena, a volte anche oltre.
    La promozione a genin di Daichi qualche anno dopo comporta un cambiamento nella routine di casa Yamazaki. Il giovane è sempre più spesso fuori per via delle missioni che gli vengono assegnate, e un'insolito calo nella domanda per i suoi insegnamenti porta il padre di Anzu a prestarle finalmente attenzione, nell'unico modo che riesce a concepire: l'addestramento della bambina inizia ufficialmente tra il suo sesto e il suo settimo anno di vita. Inizialmente si tratta solo di piccole sessioni, per introdurla alla disciplina, e per assicurarsi soprattutto che in lei ci fosse uno straccio di talento da poter sfruttare. Quando il padre si accerta della sua presenza, iniziano gli allenamenti veri e propri. Sia il padre che Daichi l'hanno formata mentalmente e fisicamente alternandosi tra di loro, dandole nel corso degli anni un assaggio di entrambe le facce della stessa medaglia: la disciplina più ferrea, gli allenamenti più logoranti del primo, e la sicurezza, la guida quasi paterna del secondo. Un bel paradosso.
    La natura quasi apatica della bambina ha presto convinto il padre della sua inattitudine alla vita del ninja, motivo per il quale decide che Anzu, semplicemente, non avrebbe frequentato l'accademia una volta raggiunta l'età giusta. Le avrebbe insegnato tutto lui, da casa, approfittando di ogni momento libero per temprarla da ogni lato, con sessioni di allenamento sempre più intense. Non avendo conosciuto altra vita all'infuori di quella, Anzu per anni partecipa con trasporto, non si lamenta, torna sempre in piedi dopo essere stata atterrata da un pugno o da un calcio del padre, finché non è lei a ricambiare il favore. Nonostante i miglioramenti mostruosi della ormai ragazzina, non riceve una singola parola di incoraggiamento, o una lode: le viene solo detto di fare 'di più'. Daichi fa l'opposto, lodandola ad ogni pugno o calcio ben assestato, congratulandosi anche sulla schivata meno agile, ridendo di cuore quando quello scricciolo di sua sorella riesce a proiettarlo a terra con una facilità impressionante, lasciandolo a sputacchiare la polvere. Questi estremi opposti non solo la confondono, col passare del tempo, ma la portano ad odiare entrambi i metodi. A 17 anni decide di troncare i rapporti con entrambi, almeno da quel punto di vista, insistendo sul voler allenarsi da sola.
    Raggiunge l'età adulta senza quasi accorgersene. Al contrario del fratello, chuunin modello, molto vicino alla promozione, e con un futuro brillante davanti a sé, Anzu non ha alcuna aspirazione. Potrebbe fare l'archivista come suo padre. Potrebbe provare a diventare istruttrice a sua volta. Potrebbe rimandare di qualche altro anno la decisione.
    E se non fosse stato per suo padre, forse avrebbe potuto. Quando l'uomo, ormai in là con l'età, torna da una delle sue lezioni private con una gamba rotta e decide cocciutamente di occuparsene da solo, non fidandosi dei ninja medici dell'ospedale, le opzioni di Anzu si restringono notevolmente. Ovviamente le attenzioni distratte e non professionali del padre, insieme alla sua età avanzata, non portano la gamba a guarire completamente: ovviamente l'uomo rimane permanente zoppo, costretto a dire addio ai suoi giorni da maestro di taijutsu.
    La rabbia e l'orgoglio ferito gli impediscono di cercare un altro lavoro più tranquillo, magari dietro una scrivania. No, è Anzu a dover cercare lavoro: l'iscrizione all'accademia ninja, rimandata talmente tante volte da portare Anzu a credere che quel giorno non sarebbe mai arrivato, è ormai la mossa successiva. Il padre è sicuro che grazie ai suoi insegnamenti la ventenne si sarebbe diplomata in un istante. Le raccomanda, le intima, di renderlo fiero così come ha fatto Daichi. No, più fiero ancora.
    Di più.


    Poco dopo la promozione a Genin per Anzu cominciano i guai: di ritorno da una missione viene rapita da un gruppo intenzionato a chiedere un riscatto a sua madre, misteriosa – almeno per lei – esponente del clan Hyuga nel paese del Fulmine. Riesce a fuggire solo grazie all'aiuto di un membro delle cosiddette “Cappe verdi”, mandato dal clan per aiutarla. Durante la fuga l'uomo sacrifica la sua vita per lei, e il culmine di un'intensa serata piena di traumi sblocca in lei un'abilità innata che mai avrebbe pensato di possedere: il Byakugan.
    I mesi successivi sono quasi completamente dedicati all'allenamento mirato a far proprie tecniche e stili a lei completamente estranei. Durante quella scalata incontra alcune persone che diventeranno presenza costante nella sua vita: Makoto e Izumi Usui, genin come lei con i quali fa spesso squadra, e Natsuki Kuga, con la quale instaura un rapporto maestra-allieva particolare: pur essendo molto più esperta di lei, a volte è Natsuki ad assumere il ruolo di allieva, e Anzu quello di insegnante, soprattutto quando si tratta di combattimento corpo a corpo. Insieme a Daichi, che vede sempre di meno, ma che rimane una figura inamovibile nella sua vita, Anzu riesce in qualche modo ad annullare la profonda rabbia e odio crescente che continua a provare per il padre. La loro presenza la mantiene con i piedi per terra, le dà qualcosa per cui continuare ad andare avanti, anche se lei stessa sarà l'ultima a capirlo e ad ammetterlo.
    Poi arriva la guerra. Il ruolo di Anzu nella lotta contro Orochiyu e le sue forze è minore a voler essere generosi, ma quel conflitto le porta via molto più di quanto avesse mai potuto immaginare: suo fratello non torna, e viene ufficialmente dichiarato morto qualche mese dopo la fine della guerra. Il fragile equilibrio che si era creato nella sua vita va ufficialmente a quel paese, e per Anzu inizia il declino. Si butta con tutta se stessa nel proprio lavoro e negli allenamenti, stando sempre più tempo fuori casa, determinata a rendere fiero suo fratello seguendo le sue orme. Inseguendo la sua ombra.
    Diventa Chuunin con Makoto e Izumi, e con loro inizia a recarsi sempre più spesso fuori dal paese, soprattutto per missioni o ad allenarsi nell'Arena del paese del Tè, fresca di inaugurazione e piena di sfide interessanti. Le distrazioni sono le benvenute, e le permettono di non pensare a ciò che ha perso, cosa che invece le rinfaccia sempre il padre ogni volta che lo vede girare come uno spirito in pena per casa, bottiglia alla mano e ubriaco fino all'esasperazione.
    È in una di quelle sfortunate occasioni che Anzu, nel bene o nel male, tronca del tutto i rapporti con lui. Uno dei suoi soliti litigi sfocia in un vero proprio scontro mortale, al quale Anzu scampa per miracolo, lasciando l'uomo steso a terra nel cortile di casa loro, forse vivo, forse no Non è mai tornata a controllare.
    Si rifugia invece a casa di Natsuki, che la accoglie come ha fatto anche con Makoto, approfittando della sua gentilezza e ospitalità forse per troppo tempo. Ma non ha il coraggio o le forze per rinunciarci, e Natsuki non sembra intenzionata a buttarla fuori a calci tanto presto. Per il momento sta benissimo lì dov'è, lontana dalla rabbia di suo padre, da una casa vuota e triste. L'affetto che riceve la spinge ad offrirlo a sua volta, a modo suo, ma soprattutto ad aprirsi. Nel giro di qualche mese perde una famiglia ma ne guadagna due, le Kuga e gli Usui. Con il supporto di Natsuki e la sua famiglia, di Makoto, e di Izumi in particolare, Anzu potrebbe essere finalmente pronta a fare un passo esitante verso un presente e un futuro, si spera, migliori.

    • Forza: 70 +9
    • Resistenza: 65 +9
    • Velocità: 50 +9
    • Agilità: 60 +9
    • Precisione: 38 +9
    • Riflessi: 55 +9
    • Chakra: 600 +30

    Evocazioni

    Dragoni

    Specializzazioni

    • Taijutsu lvl 9: +9 a tutte le statistiche, tranne chakra (I & II)(III)(IV)(V)(VI & VII)(VIII)(IX)

    • Potenziamento del chakra lvl 3: +30 chakra; Vigore lvl 1 (I)(II)(III)


    Abilità

    • Camminare in verticale
    • Camminare sull'acqua
    • Concentrazione del chakra elementale
    • Manifestazione dell'aura
    • Lettura dei sigilli
    • Richiamo Inverso: Teletrasporto

    Taijutsu:
    • Ignorare il dolore I
    • Incassare I
    • Ignorare il dolore II
    • Incassare II
    • Ignorare il dolore III
    • Incassare III
    • Ignorare il dolore IV
    • Incassare IV

    Abilità Innata

    Byakugan (x):
    Livello 4
    - Attivazione senza posizioni delle mani.
    - Angolo di visione 359° e possibilità di concentrare la propria visione nell'unico punto cieco (escludendo però tutto il resto).
    - Visione del sistema circolatorio del chakra, delle porte e di tutti punti di fuga.
    - Vista frontale a 2.5km (utilizzabile soltanto in momenti di calma -fuori dal combattimento- poiché richiede concentrazione).
    - Visione circolare a 100m.
    - Visione attraverso oggetti di qualsiasi spessore e attraverso la nebbia.


    • P.A. disponibili: 80

    Tecniche base:
    • Tecnica della Trasformazione
    • Tecnica della Moltiplicazione del Corpo
    • Tecnica della Sostituzione

    Tecniche Raiton:
    • Scintilla
    • Arte del Fulmine: Elettrizzazione (Arte del Fulmine: Jibashi) (C)
    • Tecnica della moltiplicazione fulminea inferiore (C)
    • Armatura Raiton Parziale (C)
    • Arte del Fulmine: Piccolo Taglio del Fulmine (Raiton: Mini-Chidori) (C)
    • Arte del Fulmine: Arma elettrica (Raiton: Saberu Sanda) (C)
    • Arte del Fulmine: Scudo circolare (Raiton: Bouru) (B)
    • Raiton: Tempesta di fulmini (B)
    • Arte del Fulmine: Medio Taglio del Fulmine (Raiton: Raikiri) (B)
    • Arte del Fulmine: Mille Falchi (Raiton: Chidori) (A)
    • Via del Guerriero – Soresu 6° Forma: Guanto dello Spadaccino (Arte del Fulmine) (x) (A)
    • Arte del Fulmine: Armatura Raiton (Raiton no Yoroi) (S)

    Katon:
    • Fiammella
    • Arte del Fuoco: Cerchio infuocato (Katon: Hibashiri) (C)
    • Scatto Bruciante (B)

    Taijutsu:
    • Dropkick (C)
    • 1-2 (C)
    • Esquivar no jutsu (B)
    • Massimo sforzo! (B)
    • Mens Sana (B) (x)
    • Corpore Sano (B) (x)
    • Via del Lupo – Soresu 5° Forma: Come una foglia che scivola (B) (x)
    • Carica (Shoushitsu Tokken) (B)
    • Pugno di Ercole (Okasho) (A)
    • Sacro colpo del Tallone (A)
    • Colpo del Delfino (A) (x)
    • Via del Guerriero – Soresu 9° Forma: Occhio Splendente (A) (x)
    • Contrattacco (S)

    Non-elementali:
    • Tecnica del Richiamo (D)
    • Arte Magica: Rilascio (Ninpou: GenJutsu Kai) (B)

    Genjutsu:
    • Mi piacerebbe vederti provare (C)

    Personali (x):
    • Taebaek – Luce che cade dagli occhi (B)
    • Koryo – Colpo Virtuoso (A)
    • Gon – Ponte tra il Cielo e la Terra (B)
    • Arte del Fuoco: Fire-jab (B)
    • Arte del Fuoco: Giudizio infernale (A)
    • Arte del Fulmine: Giudizio Divino (A)

    Byakugan:
    • Pugno Gentile [Primo livello] (Juken) (C)
    • Pugno Gentile [Secondo livello] (Juken) (B)
    • Tecnica delle 64 Chiusure (B)
    • Chakra Tagliente (B)
    • Pugno Gentile [Terzo livello] (Juken) (A)
    • Rotazione Suprema (A)
    • Velo di Chakra (A)
    • Pugno Gentile [Quarto livello] (Juken) (S)
    • Tecnica delle 128 Chiusure (S)
    • Palmo Gentile: Leoni Gemelli (S)
    Armi

    • 10 Shuriken
    • 10 Kunai
    • 2 Artigli della Bestia (x)

    Oggetti

    • Coprifronte di Kumo
    • 1 Sacca
    • 1 Ricetrasmittente
    • 3 Tonici di rigenerazione del chakra lvl.1
    • Tonico della Rigenerazione del Chakra Lv.3
    • Giubbotto Chuunin di Kumo
    • 1 Cartabomba
    • 1 bastoncino di zucchero
    fondina porta-armi (Natale 2021)


    Edited by Naeli • - 6/1/2022, 21:21
  15. .

    Le parole di Takeshi la rassicurarono, ma non abbastanza da permetterle di affrontare il successivo tentativo con la dovuta calma e concentrazione. Offrì qualche goccia del suo sangue, compose i sigilli, immise il chakra, eppure in seguito a una nuvoletta dal ‘puff’ decisamente deludente Makoto non vide alcuna scimmia di fronte a lei. Il terreno nudo e crudo ricambiò il suo sguardo, prendendola forse in giro o compatendola. La ragazzina abbassò le braccia, lasciando andare le spalle, facendo penzolare gli arti lungo i fianchi.
    Oh… –, mugugnò, chiaramente delusa dall’esito negativo della prova, con gli occhi bassi e le labbra arricciate in una smorfietta triste. Si guardò le mani sporche di sangue e si mordicchiò il labbro, spingendo via la tentazione di ripulirsele sui vestiti da lavoro. No, era poco igienico, doveva cucinare con quegli abiti addosso! Sarebbe rientrata in casa più tardi a sciacquarle. Alzò il capo quando il ninja più grande provò a consolarla, strappandole un sorrisino speranzoso solo al sentirgli dire che, con un buon allenamento, ci sarebbe riuscita sicuramente la prossima volta. Non poteva usare parole migliori per spronarla a non arrendersi. Si raddrizzò e il volto tornò a splenderle di determinazione, annuendogli in risposta.
    Ce la metterò tutta! –, gli promise, prima di mettersi a riposo e ascoltarlo scusarsi e congedarsi per la fretta. Un po’ dispiaciuta per l’improvvisa separazione, Makoto annuì, premurandosi però di dirgli una cosa prima di vederlo sparire.
    Torni a trovarci! La prossima volta mi troverà con Sarumiru, sicuro! –, esclamò, sorridente e sicura di sé, poi lo lasciò scappare. A quel punto, rimasta sola nel cortile, la ragazzina si affrettò a raggiungere l’interno dell’abitazione per lavarsi le mani per bene e rassettarsi in generale, per poi tornare al lavoro da sua madre, al chiosco.



    CITAZIONE
    Grazie mille! :3
22 replies since 3/11/2007
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