Posts written by Elenis9

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    Annuncio importante: nasce Edengard, un nuovo progetto!
    Come avete visto, Naruto Garden è in grossa e costante crisi, per diverse ragioni che esulano dalla nostra volontà. Una parte dello staff ha deciso di provare a fare qualcosa di nuovo, con un'ambientazione fantasy originale e un'anima ancora più narrativa. NG non chiuderà, rimarrà sempre aperto sia per chi vuole continuare a scrivere del proprio pg sia per chi soltanto vorrà usarlo come archivio per le sue role passate che non vuole perdere.
    Come incentivo per gli utenti di NG che sono stati con noi, offriamo la possibilità di traslare il vostro PG direttamente su Edengard. Questo non vorrà dire dover cancellare il personaggio da NG, né dover riscrivere da zero la sua storia nel nuovo gdr, piuttosto si può considerare come una divisione delle timeline. La conversione seguirà il regolamento di Edengard (eventualmente con l'aiuto dello staff), in modo da permettere un'esperienza di gioco nuova, ma per chi preferisce non partire da zero offriamo un'occasione unica: partire con Exp bonus pari a 10x il livello del vostro vecchio pg.
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    La ragazza le sembrava un po' troppo veloce a toccare Lladdodd, ma Annie sapeva perfettamente che lo pensava soltanto perché, se avesse potuto, avrebbe staccato le mani a chiunque si azzardasse a toccare i suoi uomini con troppa confidenza. Le succedeva ancora persino con Jack e lui non era più suo da un bel po' di tempo. Era un sentimento ipocrita considerato il fatto che lei aveva due mariti e provava qualcosa per almeno un'altra persona oltre a loro, ma...
    Era talmente presa da quei pensieri che non fece in tempo a chiedere se davvero Lladdodd fosse mai stato grasso prima che la ragazza si incartasse nei convenevoli. Sembrava aver realizzato solo in quel momento la sua carica ed era tutta agitata nel tentativo di salutarla in modo appropriato. Annie dovette trattenersi dal mostrarsi divertita perché non voleva offenderla, ma era divertente pensare che cercasse di essere formale dopo il modo decisamente spartano con cui li aveva approcciati. A lei non importava e non le interessava neanche che non fosse vestita in modo elegante, ma il tutto faceva una certa impressione se si paragonava a quel tentativo improvviso di tornare sui binari classici.
    "Puoi chiamarmi Annie, non c'è bisogno di essere formali. Ah, se non ti vengono le parole puoi dirle nella tua lingua quando parli con me."

    Karril sembrò dimenticare le formalità nel momento stesso in cui cambiò discorso ed Annie suo malgrado dovette ammettere che la trovava simpatica.
    «Comunque sì! O meglio, la sua tribù ha adottato me da piccola ospitando i miei genitori, la mia tribù originaria è... storia ormai. Siamo cresciuti insieme, eravamo io, lui e Draig!»
    "Draig..." Ricordava di aver processato quel nome più di una volta, era un membro del catering? No, era... "La moglie della musicista, giusto?" Ecco perché la ricordava. Era stata particolarmente puntigliosa nel controllare gli invitati che non conosceva personalmente e perciò aveva notato diverse volte i nomi di Karril e di Draig durante quel periodo.

    «So un sacco di storie divertenti su Lladdodd, se vuoi saperle... Ad esempio, da piccolo era così rotondo che lo portammo sulla cima di una collina e poi...»

    "Non sono mai stato così grasso!" Protestò subito il barbaro, cadendo dritto nella trappola dell'altra, rosso in volto perché evidentemente un po' cicciottello doveva esserlo da bambino.
    Annie sorrise divertita e comprese finalmente perché era tanto gelosa di quella ragazza che in realtà non aveva mai lasciato intendere nessun intento lascivo: Lladdodd non aveva mai avuto altri che lei lì sul continente e quando erano andati alla sua tribù avevano trovato un clima ostile. Era la prima volta che lo vedeva interagire con qualcuno che gli voleva bene e decisamente non doveva esserne gelosa. Lo era, ma non avrebbe dovuto.
    In tutto quello, Annie doveva ancora capire se Karril sapeva o meno di tutta la storia della castrazione durante la missione di conquista di Kiri, ma se non fosse stata l'altra a portare a galla l'argomento non l'avrebbe fatto di certo lei. Lanciò un'occhiata a Lladdodd, accanto a lei. Aveva il volto un po' arrossato, ma il divertimento gli brillava nello sguardo.

    «ABBRACCIO!»

    Karril urlò. Seriamente. Ed Annie rimase così sorpresa che la fissò per diversi secondi come se non avesse capito. Quanto tempo era che nessuno -eccetto mariti e figli, ovvio- la trattava così? Che pensava di potersi presentare lì davanti a lei e semplicemente decidere di chiederle un abbraccio? Senza nessun motivo particolare, solo per abbracciarla?
    Rise e aprì le braccia a sua volta, facendo subito scattare Genta sull'attenti. Era stato distratto da qualcosa, ma subito la sua attenzione si rivolse di nuovo a loro. Annie riuscì distintamente a sentirlo mentre tirava un calcetto a Lladdodd, spronandolo ad unirsi all'abbraccio. Il barbaro ci mise qualche istante, poi le prese entrambe con le sue larghe braccia e praticamente le sollevò da terra. "Oserai ancora raccontarle che ero un po' troppo robusto?" Domandò con un finto ringhio nella voce tenendole tutte e due sollevate senza neanche chissà che sforzo.
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    Annie Uzumaki se ne stava andando in giro al suo stesso matrimonio con le braccia avvolte intorno ad un cactus di peluche. I presenti che potevano capire perché quel regalo in particolare l'avesse resa tanto felice probabilmente si contavano sulle dita di una mano, ma a lei non importava di sembrare infantile o sciocca, intratteneva gli ospiti con quello fra le braccia senza fare una piega, come se fosse perfettamente normale.
    Prese un sorso dal suo bicchiere che conteneva una bibita analcolica che sarebbe potuta somigliare al vino se nessuno ne avesse fiutato l'odore dolciastro e si accorse di una ragazza che le andava incontro.
    Si affrettò a poggiare il bicchiere e sorridere, poi riconobbe Kichi e il sorriso si allargò in uno più spontaneo e sincero.
    "Kichi! Grazie per essere venuta!" E lo intendeva sul serio: si sporse in avanti per dare una breve stretta alla suniana se lei fosse sembrata in vena di riceverlo, altrimenti avrebbe semplicemente allungato la mano per una stretta amichevole.
    Solo dopo si accorse che la Kikuchi non era sola. Alzò lo sguardo sul ragazzo che l'accompagnava e dopo un primo momento di elaborazione il suo sorriso riprese forza anche nel dirigersi verso di lui.
    "Zen. Giusto?" Ricordava il nome e l'aspetto di quasi tutti i suoi ninja, ma con alcuni aveva avuto meno occasioni di incontro che con altri e Zen era fra loro. Non credeva che la sua memoria avesse fallito, perché Genta non la corresse e lui sì che si ricordava ogni nome e ogni volto del loro esercito.
    Genta e Lladdodd ringraziarono a loro volta per la presenza e si scusarono, allontanandosi un po' per confabulare con Ichiro. Probabilmente lo facevano per darle un po' di spazio e lasciarla chiacchierare.
    Annie e Kichi non si erano incontrate spesso, ma per qualche anno si erano scambiate regali di Natale e la rossa pensava all'altra con un certo affetto, sia perché la sorella ne aveva parlato sempre bene sia perché dopo che le era svenuta in ufficio non poteva che sentirsi un po' maternamente protettiva verso di lei.
    "Come state? A Suna va tutto bene? Akio e Makoto fanno i bravi? So che anche tu passi molto tempo lì, Zen, ero giusto curiosa di chiedere!" Annie mantenne un tono allegro e gioviale, la domanda verso Zen non aveva alcuna accusa, solo genuina curiosità e anche il modo in cui chiese dei Kazekage fu leggero, non si aspettava certo di intavolare una discussione politica.

    Feromoni
    Abilità apprendibile dal livello 2
    Ottenibile con un post da almeno 500 parole
    Il portamento, l'atteggiamento o anche semplicemente quella chimica invisibile di ogni persona rende il possessore di questa abilità particolarmente "appetitoso" per chiunque gli sia vicino (entro due metri). Questa abilità si manifesta semplicemente con un aumento dell'attrazione fisica verso il possessore o, nel caso questi non rientri nei gusti del suo interlocutore, con una semplice constatazione che sia particolarmente affascinante.
    Costo: 0, l'abilità è sempre attiva e non è consapevole, inoltre non impiega l'uso di chakra ma è una combinazione di fattori fisici.
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    Annie si asciugò furtivamente le lacrime. Di nuovo. Teneva gra le braccia un grosso peluche a forma di cactus carino e felice e probabilmente non sarebbe riuscita a lasciarlo per tutto il giorno. A farla piangere non era stato solo quello, ma anche l'altro regalo che lo accompagnava, ma non poteva portarsi quello in giro fra gli ospiti, era un po' troppo privato per spiegarne il significato ad altri. Il peluche, invece, l'avrebbe probabilmente fatta apparire un po' infantile ma poteva abbracciarlo quanto voleva. Avrebbe abbracciato Walter appena fosse riuscita a trovarlo, si promise.
    Era così presa dal suo cactus e dal modo spettacolare con cui Lladdodd aveva buttato giù per intero il suo calice di vino che non si accorse della ragazza che stava caricando verso di loro portandosi dietro un peso non indifferente.
    Si girò giusto in tempo per vedere l'altra un istante prima che le urlasse in faccia i suoi auguri. Sbalordita, Annie sorrise. La conosceva? No, vero? Oppure semplicemente non se la ricordava?
    Ma cos'era che aveva portato? Un barilotto di birra?

    Invece di puntare verso di lei si rivolse al barbaro nella sua lingua chiamandolo...
    "Lladdino?" E, prendendosi decisamente un bel po' di confidenze, gli allungò una mano come se si conoscessero da una vita. Se Annie avesse potuto ringhiare sarebbe stato già possibile udirla mentre lo faceva, ma anche così doveva aver avuto uno sguardo eloquente perché Ichiro, poco distante, aveva già posato il suo bicchiere e sembrava allerta come se pensasse ad un pericolo. Annie gli fece un gesto furtivo con le dita per fargli capire che non ce n'era bisogno e fece in modo di rilassare l'espressione quando la ragazza si presentò.
    Ah, quindi lo conosceva davvero.
    "Karril?" Lladdodd sembrò preso alla sprovvista per un po', poi: "ti ricordavo più... piccola." Però si allungò verso di lei sia per darle il cinque che per stringerla in un goffo abbraccio.
    "Io sono Annie Ka... Uzumaki. Piacere di conoscerti. Vecchia amica, dicevi?" Parlò nella lingua dei barbari a sua volta e sentì Genta muoversi irrequieto alle sue spalle. Chissà se pensava che l'avesse appena insultata nella lingua dei barbari. "Siete della stessa tribù?" Tornò al comune per il beneficio del biondo. Se erano della stessa tribù era probabile che li avesse visti nella piccola esibizione di pochi anni prima, quando lui l'aveva presa in mezzo a tutta la sua gente. Se non lo era, forse non sapeva nemmeno del periodo che lui aveva passato sul continente e di ciò che gli era capitato.
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    Edited by Elenis9 - 7/2/2022, 19:39
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    Organizzare un matrimonio è una cosa lunga, il matrimonio di un Kage è un vero e proprio incubo. Annie non aveva avuto il minimo sospetto che i suoi consiglieri avrebbero voluto una sicurezza di livello minaccia mondiale, non aveva dovuto proteggersi così bene neanche quando era andata a combattere un demone. Nessuna delle due volte. L’aveva fatto volentieri, però, perché qualcuno che avesse provato ad ucciderla nel giorno del suo matrimonio avrebbe potuto sbagliare mira e non colpire lei ma una delle persone che le erano più care. Non era quello a cui pensavano tutti gli altri nel disporre la difesa: con la morte di due Kage e un terzo che ci era andato parecchio vicino nell’arco di pochi anni c’era un po’ di paranoia all’idea che potesse accaderle qualcosa, ma lei non era spaventata da un tentativo di assassinio mentre era sveglia e lucida. A meno che il sicario non la conoscesse davvero molto bene sarebbe stato difficile che sapesse come eliminarla sul colpo e qualsiasi ferita che non la uccidesse senza darle modo di reagire sarebbe guarita in fretta. Persino avvelenarla non sarebbe stato così efficace, ma lei era l’unica che la pensava così a Kiri, compresi i suoi futuri mariti.
    Certamente, la complessità dell’organizzazione non era stata l’unica cosa a rallentarla, essere la Mizukage già richiedeva parecchio tempo e in più in quel periodo si era occupata anche della creazione del villaggio nel The e il suo avvio. Insomma, tutta una serie di eventi le avevano reso difficile prepararsi a dovere per quel giorno. Non aveva neanche potuto andare di persona a cercare gli invitati, aveva mandato a tutti le lettere di partecipazione tramite le aquile e aveva spedito Genta dalla musicista, una ragazza che negli ultimi anni aveva fatto molto parlare di sé e le era stata consigliata per la sua bravura.
    Sono una persona aveva ricevuto l’invito dalle sue labbra.
    Si era presa il tempo di andare fino a Yuki per comunicargli che si sarebbe sposata, per lasciargli la scelta se partecipare o meno. Aveva avuto la tentazione di chiedergli di presentarsi all’altare, ma non aveva osato. Non solo non erano neanche arrivati a scambiarsi un bacio, ma sarebbe stato molto difficile spiegare perché la Mizukage si stava sposando un ninja di Hirozumo.
    Quindi, si era limitata ad invitarlo giurando di non offendersi se avesse declinato.
    C’era una seconda persona di cui avrebbe dovuto occuparsi di persona, ma non avendo il coraggio di farlo attese che fosse Jack ad andare da lei e, dato il tempo che ci stava mettendo ad organizzare quel matrimonio, non fu delusa. Gli disse che sarebbe successo e lasciò intendere che sarebbe stato il benvenuto, ma non si spinse fino ad invitarlo esplicitamente. Pensava che lui non avrebbe gradito la cosa e non voleva mettere nessuno dei due di fronte ad una scelta imbarazzante.

    La notte prima del matrimonio Annie la casa era pervasa da una sorta di fermento, l’unico completamente tranquillo e a suo agio pareva essere Lladdodd che, quando lei gli chiese che cosa pensasse, le rispose che loro erano già una famiglia e quindi non c’era nulla per cui agitarsi.
    “Mamma, ma posso aiutarti a mettere il vestito domani?” Julia sussurrò nel silenzio della stanza, Feann dormiva sonoramente nel suo lettino a poca distanza. Per un bel po’ i bambini avevano diviso la cameretta tutti insieme, poi avevano autonomamente scelto come distribuirsi una volta deciso di allargarsi in due diverse. Non era un caso che Mat e Sham volessero stare insieme e non aveva niente a che fare col fatto che erano entrambi maschi quanto più con una compatibilità di carattere che era emersa sempre di più via via che avevano iniziato a crescere.
    “Certo! E ci acconceranno i capelli allo stesso modo, ti piace l’idea?”
    Le piaceva. Crescendo e frequentando le scuole, Julia aveva continuato ad innamorarsi del mondo ninja, ma aveva anche scoperto che la cosa non interferiva con vestiti carini e capelli pettinati. Genta aveva finalmente potuto comprarle qualcosa che avesse la gonna e si era emozionato tanto da rischiare le lacrime.
    Mat e Sham erano ancora svegli quando passò a dar loro la buona notte come aveva fatto con Julia. Lei era sembrata eccitata per l’evento e per l’emozione che si respirava in casa, ma come sempre il suo gemello aveva colto le implicazioni più profonde.
    “Se vi sposate vuol dire che poi loro non possono più decidere di lasciarci, vero? Saranno i miei papà definitivamente.” Le chiese a bruciapelo, sottovoce, come se avesse paura di turbare Sham.
    “Sono già i tuoi papà definitivamente, ma sì. Stiamo rendendo ufficiale la cosa. Io ho voluto che tu e Julia teneste il cognome del vostro padre biologico, però. Ti va bene?”
    Non avrebbe mai pensato di chiederglielo, ma Mat era sempre stato fin troppo maturo per la sua età e le sembrò importante sapere che cosa ne pensava.
    “Posso averli entrambi? Julia no, se non vuole, ma…”
    “Puoi, ne parlerò con Jack, d’accordo?”
    E su quella scia se ne tornò nel suo letto con entrambi i suoi uomini già pronti a coricarsi uno da un lato e uno dall’altro. Avevano dovuto comprare un letto più grande da quando tutti e tre avevano cominciato a dormire nello stesso perché lei si sentiva un po’ stretta. Non era cambiato molto, però, perché loro sembravano calamitati verso di lei e spesso si svegliava stretta in un duplice abbraccio.

    La preparazione passò in un lampo di cose da fare e da indossare ed Annie si trovò in men che non si dica a udire la marcia nuziale che le indicava che era il momento per l’entrata in scena.
    Aveva scelto per la cerimonia e il ricevimento una casa che dava su un prato gigantesco ai limiti del villaggio, così che potesse ospitare molta gente. Aveva chiamato a partecipare praticamente tutto il suo esercito, chi per conoscenza personale e chi per protezione, e si era resa conto che aveva conosciuto davvero tanta gente nella sua vita; perciò, il numero di invitati non era esiguo. Chissà se Saru, Mai e i bambini avrebbero partecipato. Li cercò con lo sguardo fra le sedie disposte ordinatamente dietro un altare fiorito, ma il suo sguardo trovò prima Kenshi: teneva i suoi bambini uno per mano e non stava guardando verso di lei, forse perché ancora era dietro l’angolo e nessuno degli invitati aveva potuto notarla. Da dove si trovava lei le sedie e gli invitati bloccavano la visuale sui suoi uomini, ma le bastò solo un passo e finalmente posò lo sguardo su di loro. Erano vestiti uno di blu e uno di nero e stavano di fronte, sorridevano entrambi forse per uno scherzo condiviso, forse per scaricare il nervosismo.
    Fece un altro passo avanti con Damer la teneva sottobraccio come da tradizione e all’improvviso tutti furono consapevoli della sua presenza. Aveva ogni occhio puntato addosso, ma lei era l’unica a guardare invece i due uomini all’altare: si girarono verso di lei contemporaneamente ed Annie ed entrambi i loro volti assunsero un’espressione incantata che la fece sentire la donna più bella del mondo. Indossava un meraviglioso abito bianco, delle scarpe perfette e dei gioielli delicati, aveva i capelli acconciati e il trucco fatto ad arte, ma le bastò incrociare lo sguardo con Lladdodd e Genta per sapere che avrebbe potuto essere vestita di stracci e sporca di terra e non avrebbe fatto alcuna differenza per loro.
    Sentì che gli occhi le si inumidivano e sorrise, sia di gioia che sentendosi una sciocca. Viveva con loro da anni, avevano fatto insieme tutto quello che marito -mariti- e moglie possono fare e anche di più, eppure si era emozionata lo stesso.
    Damer la lasciò all’altare e lei si girò per dare il bouquet alla più grande delle sue damigelle: Julia. Feann trotterellò al fianco della sorella maggiore come le avevano insegnato durante le prove e sembrava un po’ spaesata da tutta quell’attenzione, ma aveva sul viso un sorrisone birichino che era proprio la copia esatta di quello del padre.
    La cerimonia fu semplice e diretta, Annie aveva rinunciato a formalità di qualsiasi religione ed aveva scelto un rito che semplicemente formalizzasse la loro unione -aveva persino dovuto parlare con Daimyo e stravolgere alcune leggi. Non aveva voluto che fosse semplicemente un asettico firmare dei documenti, però, perciò aveva lasciato intatta la tradizione dello scambio delle promesse.

    A cominciare era stato Genta. La sua solita energia era imbrigliata ma si poteva leggere l’agitazione nel leggero tremito delle mani quando le allungò per prendere quelle di Annie.
    “Annie, io credo che il mio amore per te sia stato un colpo di fulmine. Eri seduta lì, davanti a me, cercando di convincermi con tutta te stessa ed eri bellissima.” Fece una pausa, gettando uno sguardo alla folla come se la cosa lo imbarazzasse, poi si chinò verso di lei abbassando la voce ma non tanto da non essere sentito da tutti: “Per toccarti una spalla ho quasi fatto scoppiare una guerra, quel giorno.”
    Annie lo ricordava come se fosse successo il giorno prima. Il terreno freddo su cui erano seduti, l’espressione di Genta che continuava a mutare riflettendo ogni singola emozione, la sua mano che si allungava verso di lei e Usagi che non gliel’aveva staccata per un pelo. Suo malgrado, Annie rise. Peccato che Aiko e Makoto non fossero al matrimonio, ma purtroppo dubitava che i Kazekage potessero presenziare senza che la cosa comportasse qualche problema. “All’epoca non credevo che saremmo mai potuti stare insieme e anche dopo che è successo per molto tempo sono stato insicuro su ciò che ci avrebbe riservato il futuro. Paradossalmente è stato l’arrivo di Lladdodd a farmi capire che sbagliavo a pensarla così, che potevo crederci e basta.” Genta le lasciò una mano per allungare una pacca sulla spalla del barbaro, gli sorrise, poi tornò nella posizione iniziale. “Io ti amo, ti amo al di là della tua carica, amo la tua forza e amo la tua debolezza, amo ogni singola cosa che conosco di te e voglio passare il resto della mia vita a scoprirne altre e ad amarle una per una.”
    Annie gli sorrise sapendo di avere di nuovo le lacrime agli occhi e lui si fece indietro per lasciare il posto a Lladdodd, che le prese una mano. Nell’altra teneva un biglietto e lo fissò nervosamente per un lungo istante. La guardò, poi accartocciò il biglietto e se lo infilò in tasca.
    Quando le prese entrambe le mani il suo sguardo era serissimo, quasi aggressivo. Le parve di rivederlo sulla spiaggia di tanti anni prima, agguerrito e pronto a combattere fino alla morte. Non era mai stata più felice di non essere riuscita a ucciderlo quel giorno.
    “Moglie.” Iniziò, l’accento più pronunciato del solito che rivelava tutto il nervosismo. “Io non avevo bisogno di una cerimonia, ti ho dichiarato mia moglie già molto tempo fa e l’ho sempre inteso sul serio, lo sai. Per me questo non è facile, le parole non sono il mio forte.” Lanciò un’occhiata nervosa agli invitati: le stringeva le dita così forte che se fosse stata chiunque altro probabilmente sarebbero già diventate poltiglia. Anche così aveva già notato che il dono della vita si era attivato una o due volte. Ricambiò la stretta come incoraggiamento e gli sorrise. Lui sorrise a sua volta, allentando leggermente la tensione che gli irrigidiva il volto. “Vedi? È per questo che voglio dirle lo stesso. Che va bene se ci sono tutte queste persone che ci guardano. Voglio che sia chiaro a tutti che sei mia, la mia guerriera, la mia curatrice. Mi hai sconfitto più volte e mi hai restituito sia la mia dignità che la mia vita. Io voglio essere il tuo scudo, voglio essere la tua arma, voglio che tu abbia tutto ciò che vuoi, che tu sia felice. Rwy'n dy garu di, Moglie.”
    Lladdodd fece per liberarle le mani, ma Annie ne lasciò andare soltanto una per prendere quella di Genta così da stringerli entrambi.
    “Ora tocca a me.” Annunciò. Un risolino si diffuse fra la folla e anche i due uomini sorrisero apertamente. Annie arrossì, ma almeno era riuscita a scacciare le lacrime che le avrebbero impedito di parlare chiaramente.
    “Genta,” esordì, girandosi a guardare prima il biondo. Era stato difficile scrivere un discorso che trasmettesse i suoi sentimenti, ci aveva messo giorni e non era mai arrivata a niente che la soddisfacesse e poi, puff, in un solo istante ogni parola le era sfuggita dalla mente e si trovava semplicemente lì a guardare le due persone che amava di più al mondo senza neanche una delle frasi che aveva preparato per loro, “i miei sentimenti per te non sono stati un colpo di fulmine e non perché tu non mi piacessi fin da subito, ma perché quando ci siamo conosciuti io ero nel momento peggiore della mia vita.” Non aveva mai osato definire così quei lunghissimi giorni estivi di sei anni prima. Non aveva mai lasciato che qualcuno sapesse quanto era stata male e se anche avesse voluto farlo chi avrebbe mai creduto che fosse diventata madre e Mizukage e che in realtà tutto ciò che avrebbe voluto fare fosse rintanarsi sotto le coperte e piangere tutte le sue lacrime? “I miei sentimenti per te sono cresciuti piano piano, una parola gentile dopo l’altra, un gesto dopo l’altro. Non hai lasciato il mio fianco neanche per un istante, eri sempre lì quando avevo bisogno di te e un giorno mi sono semplicemente resa conto che non avrei potuto più vivere senza di te. Che ti cercavo con lo sguardo per vedere se ridevi anche tu ad una battuta divertente, che prima di prendere una decisione volevo sapere la tua opinione. Mi spaventa quanto sia profondo il bisogno che ho di te, sempre. Voglio che tu sappia che sei speciale, sei incredibile, sei riuscito a diventare il mio mondo.” Si fermò per prendere un bel respiro, non riuscendo a capire se sembrava patetica o imbarazzante. “Quello che voglio dire è che ti amo e così tanto che non voglio neanche immaginare di passare un solo giorno senza di te.” Avrebbe voluto aggiungere altro, ma non era in grado di rendere il miscuglio di emozioni e sensazioni un discorso sensato; quindi, non cercò di aggiungere parole e semplicemente sperò che le carpisse direttamente dai suoi occhi come solo lui era in grado di fare.
    “Lladdodd. Il nostro primo incontro non è stato dei migliori.” Per usare un eufemismo. Entrambi sorrisero perché quella frase racchiudeva pochi minuti durante i quali avevano seriamente cercato di eliminarsi a vicenda. “Però sapevo che non sarebbe stato l’ultimo. Ho imparato la tua lingua nell’attesa di ritrovarti e quando sono tornata da te non credevo che sarebbe andata bene. Non so ancora come definirei gli eventi di quel giorno, ma sapevo che se entrambi fossimo sopravvissuti saresti stato mio. Siamo sopravvissuti. Non è stato facile all’inizio, tu sei un uomo abituato a dominare sugli altri e io non sono certo una che si lascia sottomettere senza lottare; perciò, trovare un equilibrio fra noi ha richiesto tempo e impegno. È stato possibile soltanto perché lo volevamo davvero. Volevo davvero stare con te, che fossi mio ed essere tua, non è mai stata una cosa razionale fra noi, quello che provo per te è viscerale, istintivo, primitivo quasi. E volevo che esistesse, che crescesse, che sbocciasse. Non lascerò mai che qualcosa ti porti via da me. Neanche la morte.” Si rese conto di aver parlato con foga, quasi tirandolo verso di sé per la mano con cui lo stringeva. Il silenzio durò qualche secondo, poi Lladdodd si schiarì la voce e quello la riscosse abbastanza da farle rilassare la presa. Sorrise. “Vi amo. Entrambi.”

    La cerimonia si concluse in quello che le parve un lampo e dopo due baci lunghi e poco adatti ad un pubblico, Annie e i suoi uomini furono ufficialmente mariti e moglie.
    Dopodiché, fu il momento di dare il via al rinfresco.

    Se qualcuno volesse postare mi farebbe piacere! Qualsiasi cosa, da post autoconclusivi ad interazioni fra invitati o con Annie
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    Acquisto approvato
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    Benvenuto!
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    Benvenuta!

    Sono arrivata in super ritardo e non so che dire, ma scrivere una sola parola pare brutto, quindi sto fillando con questa roba a caso che non c'entra nulla perché dei digimon conosco praticamente solo le ship yaoi e non posso commentare su quel discorso.
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    Non più di cinque minuti dopo la porta si aprì piano. Anche senza voltarsi, Lilje fu immediatamente consapevole che la persona appena entrata non era Shang. Era stata così tanto tempo al suo fianco che poteva riconoscere il suono dei suoi passi, il fruscio della stoffa quando si muoveva, persino il suo respiro le era familiare quanto il proprio. Non aveva voglia di interagire col nuovo arrivato perciò non si mosse dalla sua posizione sulla poltrona, fingendo di dormire e non essersi accorta della porta. Aveva ottime ragioni per credere che Zhou -l’aveva riconosciuto dal modo estremamente silenzioso in cui si muoveva- non l’avrebbe disturbata e infatti non lo fece: sbirciò nella stanza per un po’, quel tanto che bastava per accertarsi che fosse tutto in ordine e poi si ritirò senza far rumore. Forse in altre occasioni ne avrebbe approfittato per giocare con lei sapendo che vederli da soli in una stanza da letto avrebbe provocato Shang, ma con Elsker in quelle condizioni persino lui mostrava gentilezza.
    Lilje non seguì le istruzioni di Shang e rimase sulla poltrona sentendo le proprie energie scemare a poco a poco come quelle di una bambola rotta. Sapeva che avrebbe dovuto muoversi, che avrebbe dovuto impedire a se stessa di scivolare via in quel modo. Sapeva che se non si fosse opposta sarebbe sprofondata sempre di più fino ad essere incapace di fare qualsiasi cosa, sarebbe tornata a chiudersi fino a non riuscire più ad uscire dall’oscurità che minacciava di sommergerla. Fino a non desiderare più di liberarsene.
    Oziosamente si chiese se Shang sarebbe riuscito a tirarla fuori di nuovo e il pensiero che non le importasse la spaventò. Sarebbe rimasto qualcosa di lei se Elsker fosse morto?
    Avrebbe dovuto tenere insieme i pezzi almeno finché lui riusciva a resistere, ma una volta che avevano cominciato a sfuggirle dalle mani era diventata una sfida impossibile.
    “Xiao, sei ancora qui?” Shang le apparve davanti come dal nulla e Lilje sobbalzò, la mente improvvisamente svuotata di tutti i pensieri. Non si era resa conto del suo ingresso. Non aveva sentito la porta o i suoi passi, non aveva notato niente. “Non volevo spaventarti, ho cercato di fare silenzio per non svegliarti.” Spiegò come cercando di scusarsi mentre la sollevava dalla poltrona con delicatezza. Si era aspettata che la mettesse a letto, invece prese una coperta dall’armadio e poi si sedette sulla poltrona avvolgendo entrambi nella stoffa. Immediatamente il ronzio della sua mente si placò e la stanchezza le piombò addosso con la pesantezza di un macigno. Quante volte l’aveva stretta in quel modo quando non riusciva a dormire per l’insonnia? Aveva passato ore ed ore seduto sulla spiaggia per lasciarla riposare il più possibile, gli ci erano volute settimane per riuscire a farle trovare la stessa pace anche davanti al caminetto e ancora di più perché riuscisse a dormire in un letto. Ancora c’erano notti in cui non poteva addormentarsi senza di lui al suo fianco, non importava da quanto tempo fosse sveglia.
    Alzò lo sguardo sul suo viso e lo trovò cupo come un cielo in tempesta. Cercò faticosamente di far spuntare entrambe le mani dalla stoffa per potergli parlare, ma lui se ne accorse e la fermò, rimboccando la coperta.
    “Hai bisogno di dormire, qualsiasi cosa sia puoi dirmela più tardi.”

    A svegliarla fu l’irrigidirsi del corpo di Shang sotto il suo. I muscoli improvvisamente tesi e pronti, il respiro prima regolare ora vigile. Solo dopo si accorse delle voci. Voci maschili che si avvicinavano alla stanza. Lilje posò una mano su quella di Shang, cercando di placare la sua tensione: riconosceva il tono rassicurante di Shen, anche se l’altra era una voce sconosciuta non poteva essere nessuno di pericoloso se il medico lo stava accompagnando.
    “Resta qui, Xiao.”
    Okay, Shang non era rassicurato e la cosa inquietò anche lei quando la depositò sulla poltrona e si rassettò i vestiti per uscire dalla stanza ad incontrare i visitatori.
    Quasi subito cominciarono a parlare in una lingua che non riconosceva, una sorta di cantilena con parole secche e dure e altre il cui tono oscillava, prima alto, poi basso poi alto di nuovo.
    “Ta zai na” disse la voce di Shang infine, aprendo la porta e indicando il letto.
    Un ometto bassino e con grossi occhiali entrò nella stanza quasi zompettando. Forse, se non fosse stato fra Shang e Shen non sarebbe sembrato così basso e bruttino col suo viso tondo e gli occhi a mandorla su un corpo smilzo, ma gli altri due uomini di certo facevano impallidire quel suo essere tanto ordinario.
    “Il medico di cui ti parlavo, Xiao.”
    “Di già? Non avevi detto che sarebbe venuto soltanto dopo il matrimonio?” Lilje gesticolò talmente in fretta che persino le sue dita si intrecciarono costringendola a ripetere un paio di parole.
    “Sono riuscito a convincerlo a venire prima.” Anche Shang gesticolava a quel punto, probabilmente per non offendere il medico spiegandole la faccenda come se lui non fosse presente. “Ha acconsentito a visitare Elsker e a curarlo se possibile. Diciamo solo che ho dovuto mentire e ingannare un po’ per ottenere che arrivasse così presto.” Lo disse come se fosse la cosa più normale del mondo e Lil si sentì sporca per essere così felice che lui avesse preso in giro un uomo per farlo danzare ai suoi fili.
    “Vuol dire che il matrimonio non serve più?” Domandò cautamente, Shang lesse i segni ma le sue dita esitarono qualche istante prima di formare delle parole.
    “No. Gli ho detto che per le tue usanze è indispensabile la presenza di Elsker sia all’annuncio del fidanzamento che al matrimonio, per questo ha acconsentito ad aiutarlo anche se non siamo ancora legati. Non posso perdere la possibilità di averlo come alleato, perciò se vuoi che lui si prenda cura di Elsker il matrimonio deve avvenire.” Shang si fermò per un attimo, fissandosi le mani con le labbra strette in una linea, poi le sue dita si mossero ancora: “hai cambiato idea? Posso fermarlo se…”
    “No!” Lo interruppe immediatamente. “Ho acconsentito e tu stai facendo la tua parte. Farò la mia.” Soprattutto se quell’uomo poteva davvero aiutare suo fratello a guarire.
    La visita sembrò durare in eterno, il medico parlò molto e fece molte domande alle quali rispose nel modo più completo possibile, rinvigorita dalla speranza. Quando l’ometto raccolse la sua roba e lasciò la camera zompettando com’era arrivato, però, Lilje si sentì di nuovo sull’orlo del baratro. Lui non aveva detto che non poteva fare niente o altro, ma aveva chiesto qualche giorno di tempo per studiare il caso e per lei quello non era un buon segno.
    “Che cosa posso fare, Shang?” Domandò con le dita rese lente e rigide dallo sforzo di trattenere il pianto. Shang le si avvicinò fino ad abbracciarla da dietro, permettendole di non mostrargli il volto. “Hai fatto tutto ciò che poteva essere fatto, Xiao, puoi solo aspettare.”
    “Voglio che stia bene.” Le parole vennero fuori una ad una, lentamente, come se ogni segno fosse difficilissimo. “Ho sempre voluto quello, sempre. Solo quello.” Shang la tenne stretta mentre gesticolava sempre più furiosamente, le dita che si intrecciavano e volteggiavano. Continuò a tenerla anche quando si voltò verso di lui, il viso stravolto da fin troppe emozioni per poterle leggere tutte. “Avrei fatto qualsiasi cosa. HO fatto qualsiasi cosa, solo per quello. Solo. Per. Quello. Perché non basta? Dove ho sbagliato? Perché non basta?”
    “Xiao, non…” ma lei non aveva alcuna intenzione di interrompersi, o forse non poteva.
    “No! Dimmelo, Shang! Perché non basta? È una punizione? È perché sono una puttana? Una drogata? Se è questo perché è lui che soffre e non io? È perché sono sudi…” Shang le prese le mani fermando di botto quello sfogo e non le lasciò andare neanche quando lei cercò di tirarle via.
    “Smettila, Lilje.” Il suo nome gli uscì dalle labbra e quello la bloccò. Lui non la chiamava mai per nome se poteva evitarlo. “Smettila e basta, okay?” Sembrava che non sapesse cosa dire, che volesse dire troppe cose per riuscire a pronunciarne anche una sola.
    “Perché?” Sillabò riuscendo ad abbassare un po’ il velo pur non potendo usare le mani.
    “Perché… perché quello che stai facendo è torturare te stessa inutilmente. Sai che quello che sta succedendo ad Elsker non è una qualche punizione divina, sai che non ha nulla a che fare con quello che pensi di te stessa -e su cui torneremo. Elsker è gravemente malato, stiamo cercando una cura e non è semplice. Hai fatto del tuo meglio e l’hai affidato alle cure di specialisti. Adesso l’unica cosa che puoi fare è credere che andrà tutto bene, credere che lui sia forte abbastanza e aspettare.”
    “Tu ci credi?”
    “Io credo… no, io so che qualsiasi cosa accada tu sei abbastanza forte per affrontarla. Lui lotterà se lo farai anche tu."
    Lilje alzò lo sguardo su di lui e finalmente non era più completamente spento. “Sei bravo con le parole.” Gli disse sillabando anche se lui le aveva già liberato le dita.
    “Il migliore.” Shang le rivolse uno dei tanti sorrisi del suo repertorio, quello da furfante, ma poi tornò di nuovo serio. Le accarezzò una guancia con delicatezza, sfiorando la pelle a malapena. “Però questa volta dicevo sul serio, Lilje. Non lasciarti annientare di nuovo.”
    “Non so se posso. Qualche volta mi sembra incredibilmente difficile anche solo costringere il mio corpo a fare un respiro dopo l’altro. A volte penso che sarebbe più facile se in quelle occasioni semplicemente…”
    Shang sgranò gli occhi, poi entrambe le sue mani raggiunsero il viso di lei costringendola a guardarlo prima che potesse finire la frase, bloccandola di nuovo. “Quando è così, vieni da me. Ci penserò io a mettere tutto a posto. Lo giuro.”

    Di Shang si poteva dire tutto, ma quando dava la sua parola era solito mantenerla e Lilje scoprì in che modo aveva pensato di “mettere tutto a posto” quella volta soltanto quando una mattina venne trascinata fuori dalla stanza di Elsker in tutta fretta.
    Un uomo alto e robusto occupava l’ingresso e poteva rivaleggiare con Shang per corporatura se non che era visibilmente troppo magro e stava un po’ curvo, come se portasse il peso del mondo sulle spalle. Lilje si portò entrambe le mani alla bocca nello stesso istante in cui lui si girava verso di lei, attirato dal suono della porta.
    “Piccola mia!” La lingua dei ghiacci uscì fluida dalle sue labbra e Lil si sentì improvvisamente come se tutto il calore del mondo fosse arrivato nella stanza. Sorrise, poi rise, incredula. Per un attimo i suoi piedi rifiutarono di muoversi, ma poi Stor aprì le braccia e lei ci si gettò dentro. La stretta di suo padre era forte e calda e bastò quella per mettere a posto tutto. Tutto sarebbe andato bene ora che lui era arrivato, non poteva essere altrimenti.
    Gettò uno sguardo a Shang mentre si lasciava abbracciare e lo vide sorridere. Sorrise anche lei.
    “Mi sei mancato da morire” sillabò nella sua lingua, abbassandosi il velo per avere le mani libere di continuare ad abbracciare Stor. Lui si guardò intorno, allarmato, ma l’unica altra persona rimasta in soggiorno era Shang, se n’era accertata prima di scoprirsi. Stor fece comunque in modo che lei continuasse a dare le spalle all’altro uomo così che non potesse vederla e Lil sorrise ancora. Il sole era sorto di nuovo quel giorno e l’aveva fatto solo per lei.
  11. .
    In questo tranquillo periodo di noia, ho in mente un simpatico e per nulla mortale allenamento per lenire dal torpore le vostre membra e per fare un po' di esercizio fisico. A partire dalla data in cui sarà segnata questa lettera, tra due settimane esatte vi aspetterò a Kiri, al campo di allenamento numero due, nella tarda mattinata.
    Si, ho scritto VI, perchè non sarete soli. Scoprirete i volti e i nomi degli altri simpatici compagni che, come te, accetteranno questa richiesta di allenamento.


    "Per nulla mortale." Lesse Genta ad alta voce per la quindicesima volta, misurando a grandi passi la stanza, agitato come sempre.
    "Poche cose sono mortali, per me, e un allenamento di Jack non è decisamente più fra quelli. Se volesse uccidermi sul serio non sarei altrettanto tranquilla, ma è solo un allenamento. Dopo la seconda ferita mortale possiamo semplicemente fermarci."
    "Questo sì che mi rassicura. Lladdodd, dille qualcosa anche tu."
    Il barbaro alzò appena un sopracciglio finendo di affettare la mela che aveva fra el mani. "Falli a pezzi, moglie." Disse, serissimo, prima di tornare a distribuire gli spicchi di frutta ai bambini.

    Con la sconfitta totale delle proteste di Genta ad andare da sola a quell'allenamento, Annie si trovò la mattina del giorno stabilito completamente vestita e pronta per affrontare la giornata. Indossava la sua felpa col cappuccio rinforzato e un paio di comodi pantaloni da allenamento che non avrebbero intralciato i suoi movimenti. Per sicurezza si era anche raccolta i capelli in una treccia che poi aveva raccolto in un pocchio solido. Aveva con sé tutte le sue armi e si portava dietro il martello senza averlo messo nel rotolo, il viaggio era breve, non aveva bisogno di impacchettare tutto.
    Arrivata trovò che Jack non era il solo ad aspettare: una ragazzina dai capelli albini aspettava con lui ed Annie fu colpita dall'aspetto particolare di lei. Non indossava la collana che lei le aveva regalato perché era troppo delicata per un combattimento, ma era uno dei suoi pochi gioielli e soleva metterlo ogni volta che si vestiva in modo più elegante.
    "Kichi. Giusto? Dimmi che non ho sbagliato nome, è passato un bel po' di tempo dal nostro unico incontro. Come stai?" L'ultima domanda poteva sembrare una semplice cortesia, ma invece era mirata al ricordo di come era svenuta all'improvviso nel suo ufficio, senza alcun preavviso. Forse avrebbe fatto bene a darle una controllata alla prima buona occasione, anche se... lei stava a Suna, se ci fossero stati dei problemi di certo se n'era occupata Yuya, perciò non c'era ragione di preoccuparsi.
    "Buongiorno, Jack!" Aggiunse poi con un sorriso. Mancava ancora qualcuno?
  12. .
    "Pe-perdonami, ma non avevo altre persone a cui chiedere. Lui non sa. I-io non ho avuto il coraggio di dirlo. Mi dispiace Annie, mi dispiace, è colpa mia. Io volevo davvero vederlo... Erano passati tre anni da quando avevate litigato e se ne era andato, lasciandomi con Bokuda...e poi l'ho visto al mercato e...e...sono scappata...e poi sono andata da lui, volevo davvero vederlo...io...io non pensavo che...
    Lui non lo sa, non voglio che sappia. Voglio che sia libero e che non si senta obbligato. Ma ho paura Annie...non so cosa fare. Non pensavo potesse succedere, è stata una sola volta, non...non credevo fosse possibile"


    "Okay, okay, tranquilla. Ci pensiamo dopo a queste cose, va bene?" Annie sorrise affidandosi alla sua facciata professionale e scacciando qualsiasi impulso di dire ciò che pensava davvero. Avrebbe voluto farle notare come una volta sola sia più che sufficiente, che pensava che siccome non aveva mai fatto sesso il suo corpo dicesse "ah, allora no, però dalla prossima volta fai attenzione"? Anche non aver detto a Jack che era incinta non le sembrava giusto. Non aveva il diritto di sapere che avrebbe avuto dei figli?
    Comunque quello non era il momento giusto per aumentare lo stress di Jill e Jack avrebbe potuto benissimo venire a sapere dei bambini dopo la loro nascita.
    Far agitare la ragazza era fuori discussione, sarebbe stato controproducente per tutti e inoltre non erano davvero affari suoi, lei avrebbe dato i suoi consigli solo una volta certi che fosse tutto okay.

    Siamo pronte, e anche la paziente è in procinto di esserlo. Vuole assistere al parto del primo figlio oppure preferisce essere in prima linea?
    "Se per voi non è un problema vorrei occuparmi del parto.
    Visitò lei stessa Jill quando le parve che fosse disperata al punto giusto e la ragazza era effettivamente quasi totalmente pronta. Le sue dita trovarono la testa del primo bambino perfettamente posizionata e bassa, poteva sentire ancora un piccolo bordino ma non ci sarebbe voluto molto prima che si appiattisse del tutto. Parlò con l'ostetrica per sapere se dovevano cambiare stanza, se c'era una sala operatoria pronta in caso di urgenza e per mettersi d'accordo con lei sulle ultime cose, poi tornò da Jill con un sorriso.
    "Ci siamo, Jill, stanno per nascere." Avvertì quando sia lei che l'ostetrica furono certe che il momento fosse arrivato sul serio. Le presero ognuna una gamba appoggiandosela su un fianco. Questo è il momento di iniziare a spingere, okay? Quando arriva la contrazione spingi più forte che puoi, quando finisce riposati un attimo fino a quella successva."

    In questa fase le contrazioni dovrebbero essere abbastanza lunghe e dolorose se vuoi descrivere intanto il parto dal punto di vista di Jill direi che ci vogliono 5-6 spinte prima che esca la testa e una dopo. Se vuole, dopo che è uscita la testa può toccare i capelli del bambino prima della contrazione successiva.
  13. .
    La risposta di Ettie era stata come sempre sibillina e poco rassicurante, ma Annie non era riuscita ad impedirsi di scegliere comunque di continuare per la strada che aveva inconsapevolmente già scelto. Non era mai stata impulsiva, anzi, il suo essere riflessiva e persino un po' paranoica le aveva salvato la vita in più di una occasione, ma in quel momento la passione era più forte di qualsiasi impulso a fermarsi arrivasse dalla parte razionale del suo cervello. Era una madre e lui aveva schernito il dolore e la morte del suo piccolo appena nato. Era riuscita ad ignorarlo per anni, coltivando il suo odio in un angolo remoto della sua mente, lasciandolo lì a bruciare pian piano, ma ora... ora che era finalmente giustificata... no, non riusciva a fermarsi, non riusciva a dominare quell'impulso.
    Sapeva che se ci fosse stato Genta lui l'avrebbe costretta a ragionare, l'avrebbe costretta a fermarsi, a pensare, ad essere lucida. Ma Genta non c'era. Lui era lontano e si era portato via con sé l'unica possibilità che lei non prendesse quella decisione.

    Una regina come te a risolvere le cose da sola... come mai? Paura che i tuoi soldatini si facciano male? Sicura che poi non lo rimpiangerai?

    Annie sentì il sorriso spuntare sulle sue labbra, e non un sorriso piacevole o sincero, se qualcuno l'avesse guardata avrebbe probabilmente descritto la sua smorfia come un lupo che mostra i denti sul punto di attaccare. "Se c'è una cosa che non rimpiangerò mai è aver tenuto il numero più alto di persone possibile lontane da quell'uomo." Sibilò, indossando la felpa ma lasciando la maschera nello zaino che teneva sulle spalle. Il suo martello era chiuso nel rotolo, nella sacca aveva kunai e shuriken e sparsi nelle varie tasche dei pantaloni i suoi tonici e i veleni. Aveva raccolto i capelli in una treccia e poi l'aveva trasformata in un pocchio in modo che durante il combattimento non fosse possibile afferrarla. "In più lui è mio. Mio soltanto, questa è una cosa che voglio risolvere con le mie mani. Non che siano molte le cose che mi piace delegare, in realtà."

    Aveva scritto un paio di lettere, le mise nello zaino e poi si avviò alle porte del villaggio salutando le guardie.
    "Mi è arrivata la notizia che mia madre non sta bene, devo lasciare urgentemente il villaggio per un po', ma se qualcosa non va potete rivolgervi alle guardie, sanno cosa fare." La sua copia aveva, infatti, il compito di informare Akito e Ichiro del fatto che aveva lasciato il villaggio per qualche giorno e che, se fosse successo qualcosa sarebbe bastato dirlo alla copia che sarebbe scomparsa facendolo sapere immediatamente all'originale. Annie aveva più di un sigillo a Kiri, avrebbe potuto tornare in un battito di ciglia e non pensava di stare fuori per molto.
    A Lladdodd non aveva mentito. Gli aveva detto che stava andando a lottare con un guerriero che l'aveva ferita gravemente in passato, che voleva vendetta per se stessa e per Mat. Lui aveva compreso. A differenza di tutti gli altri uomini della sua vita, lui comprendeva cose come la vendetta e il desiderio di perpetrarla personalmente, la necessità di essere lei a far scorrere quel sangue.
    Le aveva detto che l'amava e che sapeva che sarebbe tornata vincitrice, poi l'aveva semplicemente lasciata andare.
    Annie l'aveva amato per quello come amava Genta per la certezza che se fosse stato presente l'avrebbe fermata con tutte le sue forze.

    Se fosse riuscita a uscire dal villaggio senza problemi si sarebbe recata al porto più vicino per vedere se riusciva a trovare qualcuno che la portasse alle isole Kaguya, altrimenti avrebbe chiesto alle sue fidate evocazioni se potevano darle un passaggio, ma in quel caso avrebbe prima racimolato un po' di chakra naturale in modo da poter risparmiare quanto più possibile il suo chakra.

    Faccio tutti i calcoli al prossimo post se devo usare il chakra, giuro!
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    Approvata
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    Benvenuta! Per qualsiasi domanda non esitare a contattarci (abbiamo anche gdr question, un topic simpatico per le domande scomode!)

    Per il resto se vuoi abbiamo vari gruppi in cui stiamo a cazzeggiare tutti insieme, ma l'unico veramente attivo è su WA (probabilmente adesso te lo spamma pure ty da qualche parte ma visto che c'ero...)
2893 replies since 22/11/2011
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