Ultimo canto: Nuovi accordi

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    Re dei demoni

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    01/05/218 -Subito dopo l'inizio della conquista di Takumi-



    Kazekage-sama! Kazekage-sama!
    Oh, Dio, vai a cercare un medico! Tonou!
    Marai!
    Suoni e colori si mescolarono e vorticarono nella sua mente confusa. Ci volle uno sforzo per costringersi a mettere in ordine gli avvenimenti, come era arrivato lì? Il volto sfocato di Hito che lo chiamava, il panico nel suo ufficio, poteva sentire sotto le dita i pezzi del mobilio che riempivano il pavimento su cui era sdraiato.
    Ricordava di aver dato il via ad Usagi e poi di essere rimasto nell’ufficio a sistemare le cose aspettando che Chisheru gli passasse comunicazioni che tardavano ad arrivare. Poi Hito era scattato in piedi e qualcosa era entrato sfondando la finestra. Lui si era alzato, incalzato da Kazuhiko verso la porta e poi…
    Che era successo dopo?
    Venne distratto dal suono di singhiozzi sommessi, la voce di Kazuhiko continuava a rimproverare Tonou senza sosta. Era lui a piangere?
    Perché l’avete fatto, Marai-sama?
    Hito attirò di nuovo i suoi occhi. La sua vista si era fatta così debole che non riusciva quasi a distinguerlo. La domanda non sembrava aspettare davvero una risposta, ma riportò a galla gli ultimi ricordi.
    Kazuhiko era alle sue spalle per proteggerlo mentre andavano verso la porta quando Marai aveva notato con la coda dell’occhio un attacco diretto verso Tonou. Uno stupido e semplicissimo spiedo che però puntava dritto verso l’occhio spalancato della guardia, che non pareva in grado di muoversi.
    Tonou era un bravo ragazzo, ma a volte le sue insicurezze lo paralizzavano e gli ci voleva un po’ per riuscire a sbloccarsi. Non pareva che avrebbe potuto difendersi da quell’attacco e Marai si era mosso spontaneamente per bloccare lo spiedo prima che colpisse la più giovane delle sue guardie, poi si era voltato e con la sua sabbia aveva tentato di aiutare Hito nel combattimento. Solo che non era durato più di pochi istanti: il sicario si era suicidato non appena aveva visto la mano del Kage sanguinare e Marai era crollato subito dopo riuscendo a malapena a restare cosciente.
    Sono io che devo proteggere voi. Sono io il Kage.
    Rispose lo stesso alla domanda di Hito, sentendo la sua stessa voce suonare distorta e distante. La guardia parve letteralmente riprendere vita nel sentirla, però, e cominciò subito a rassicurarlo sul fatto che avevano già mandato a chiamare un medico e un esperto di veleni e che sarebbe stato subito bene.
    Chi era quello?
    Non lo sappiamo, Kazekage-sama.
    Scoprilo.
    Hito ridacchiò e la sua voce suonò spezzata. Non poteva vederlo, ma fino a quel momento gli era parso calmo. Stava forse piangendo anche lui come Tonou?
    Sì, mio signore.
    Assicurò e sembrò di nuovo fermo e solido come sempre. Forse si era sbagliato.
    Doveva dire qualcosa a Tonou e far smettere Kazuhiko di rimproverarlo, non sarebbe servito a niente. Doveva scoprire chi era stato e chiudere la breccia nella sicurezza del villaggio.
    Doveva aspettare le comunicazioni di Usagi e Ryu sul fronte di Takumi.
    Doveva…
    Hito.
    Ci penso io, Marai-sama.
    I suoi sensi si sfilacciarono in fretta, tanto che la fine della frase di Hito fu solo un suono indistinto un attimo prima che Marai perdesse conoscenza.




    07/05/218 -Subito dopo la conquista di Takumi-



    Il grande capo non è qui?!
    L'uomo con la maschera era appena riemerso dal mare, si era fatto una nuotata lunghissima per riuscire ad arrivare in tempo. Si era guardato attorno per un po', poi era arrivato ad accoglierlo un omuncolo sulla trentina, mezzo decomposto e con un occhio del tutto uscito dalle orbite.
    Padron Banshee non c'è, ma dovrebbe arrivare a breve. Inizia a fare rapporto a me, Aquila, riferirò io. In quanto segretaria sexy del capo questo è il mio compito principale.
    L'uomo con la maschera gli diede un'occhiata stranita, proprio non riusciva a capire il perché di quegli zombie con un senso dell'umorismo così distorto e cinico. Era stata una scelta di Banshee? Si divertiva così? Oppure era stato un effetto collaterale di creare dei non morti con un livello intellettivo superiore a quello che gli umani di partenza avevano da vivi? Non lo sapeva, nessuno condivideva informazioni con lui, nonostante fosse uno dei più grandi esperimenti del capo era comunque trattato solo come uno strumento. La cosa lo infastidiva, ma non abbastanza da ribellarsi, di certo, anche perché sentiva la contraddizione di questi suoi sentimenti con il fatto di essere un morto redivivo.
    La battaglia è stata epica, c'è poco da dire. I takumiani hanno difeso con le unghie e con i denti, non mi aspettavo una combattività del genere. Cinque giorni sono resistiti, prima di arrendersi. In città le cose sono iniziate dopo, fuori si sono dati da fare sin da subito, poi quando i suniani sono riusciti a entrare in buon numero c'è stato da divertirsi per davvero. Caos ovunque, feriti, morti, gente che si disperava. Mi spiace solo non aver potuto partecipare. A guardare gli altri e basta godi solo a metà.
    Il segretario rise sguaiatamente per qualche istante, poi tornò serissimo in un lampo, per chiedere della missione principale. Poi rise di nuovo, una volta fatta domanda. Non importava quali standard uno poteva avere, quell'essere era strano sempre e comunque.
    Completata con successo, più di quanto pensassi. Questa maschera è divina, non mi ha notato nessuno. Non so che modifiche abbia fatto il grande capo, ma funzionava alla perfezione, era come non fossi lì. Sono riuscito a recuperare un sacco di cadaveri, cinquantasette in ottime condizioni, qualcuno di più tra quelli rovinati. Una buona parte civili, diversi ninja di basso livello, ma anche un paio di chicche qua e là. Ho anche preso un ANBU degli invasori. Un ANBU, hai capito? Aveva anche la sua maschera, purtroppo però era rotta, ma secondo me il grande capo riuscirà ad aggiustarla. Dei, quanto sarebbe divertente avere due maschere. Sono anche riuscito a recuperare una strana piuma da una tizia di Oto ferita. Non so cosa sia, ma mi sembrava interessante, quindi ho pensato di rubarla. A volte si trovano così i tesori migliori.
    Lo zombie non era molto interessato a queste ultime parti, ma i suoi occhi si erano illuminati quando aveva sentito parlare di cadaveri. Aveva iniziato a strillare come un bambino di fronte alla promessa di un nuovo giocattolo, chiedendo di poterli vedere subito e muovendo in maniera inconsulta le mani su e giù ad una velocità altissima. Ad un certo punto gli si era staccato un dito, che era volato via di diversi metri. Lui si era interrotto, l'aveva guardato con intensità, poi si era messo a ridere sguaiatamente e aveva ripreso il suo capriccio infantile. L'uomo con la maschera non riusciva a capire come potesse Banshee sopportare un essere del genere. Chiuse un attimo gli occhi, poi ne aprì solo uno, che si colorò di un rosso innaturale. Un istante dopo la spiaggia si ricoprì di cadaveri, al che il segretario zombie partì in quarta correndo per andare a esaminare i corpi. Urlava "Nuovi amici per Rollo! Nuovi amici per Rollo!" come un ossesso. Una visione per niente piacevole. L'uomo con la maschera osservava la scena con un certo disprezzo, riflettendo su come avesse accettato questo compito senza pensarci due volte. Aveva perso la moralità che aveva da vivo, per quanto i suoi ricordi fossero poco chiari non aveva dubbi a riguardo. Era stata la morte a fargli perdere tutta la sua umanità? O era stata una scelta di Banshee? Poco male, comunque, gli piaceva quella sua nuova "vita".
    Poco dopo sentì dei passi dietro di sé, qualcuno stava uscendo dal grande laboratorio alle sue spalle. Una figura imponente comparve alle sue spalle, ma lui non ebbe bisogno di girarsi per capire chi era.
    Ottimo lavoro, Aquila. Sapevo di poter contare su di te. Presto ti convocherò per le nostre prossime mosse.




    09/06/218 -Qualche tempo dopo la fine dell'assedio-



    Tone fissò senza una vera e propria espressione quella che un tempo era stata l’armeria. Ricordava a malapena di aver camminato fin lì, come ultimamente gli accadeva sempre più spesso. Non riusciva a restare concentrato, si forzava a continuare il suo lavoro come guardia di Shinano, ma non sentiva un briciolo di volontà a cui fare appello.
    Vuoto, ecco come si sentiva. Completamente vuoto. Sapeva che era così soltanto perché stava trattenendo se stesso, perché quando si permetteva di pensare anche solo per un istante la furia lo consumava e lo accecava, poteva sentirla bruciare costantemente in un angolo della sua mente e ben presto non sarebbe stato possibile continuare a trattenerla.
    Accarezzò le macerie con la punta delle dita e quello che sentì non fu il morbido pelo di Bhuta ma la dura e scabra roccia che gli sbatteva in faccia la verità.
    Aveva perso tutto.
    Tutto quanto.
    Il suo compagno di vita, il suo maestro, l’uomo che serviva, persino il villaggio che proteggeva. Già. Il villaggio che proteggeva. Bel lavoro aveva fatto. Aveva avuto lì a portata di mano il traditore, quello schifoso pezzo di immondizia che si era insinuato fra le fila della sua gente e aveva spalancato il cuore del villaggio alla sua distruzione. L’aveva avuto davanti, avrebbe dovuto essere in grado di schiacciarlo. Invece gli era sfuggito, scivolato via senza possibilità di prenderlo e fargli pagare ogni singola vita che si era spenta per colpa sua quel giorno.
    Shinano ne era uscito devastato, moribondo, e l’esercito… così tante persone erano morte. Persone che lui, come Maguro, aveva conosciuto e a cui aveva voluto bene. Con tutte le perdite subite non erano riusciti a bloccare in nessun modo le pretese Suniane che però erano ancora come congelate in attesa che il Kazekage si degnasse di occuparsi della faccenda. Erano così patetici che neanche meritavano l’attenzione di quello che aveva ordinato la conquista del loro territorio.
    Abbatté il pugno sulla roccia e quella si ruppe. Delle schegge gli ferirono la mano, piccole gocce di sangue brillarono rosse alla luce del sole.
    Tone avrebbe voluto urlare, invece guardò il sangue per un istante, poi abbassò la mano e fissò le macerie del posto che aveva amato. C’era ancora motivo di rimanere?
    C’era un motivo per vivere?
    La sua rabbia rispose per lui. C’era. Avrebbe trovato Kiryan e si sarebbe vendicato di lui per ognuna delle morti che gli pesavano sulla coscienza e se per farlo avrebbe dovuto guardare il mondo bruciare, beh, allora era un prezzo che avrebbe pagato volentieri.
    Assunse l’aspetto di Maguro e si diresse alle porte. Nessuno avrebbe avuto niente da ridire sulla sua uscita dal villaggio. Le guardie, entrambe con gli occhi rossi e stanchi, fecero del suo meglio per sorridergli quando passò fra loro, ma lui non ricambiò il gesto come avrebbe fatto un tempo. Maguro e la sua gentilezza erano morti insieme a Bhuta.




    17/11/218 -A circa sei mesi dalla guerra-



    Lo ammetto, sono sorpreso. Come hai trovato questo posto?
    Le guardie zombie mi avevano circondato totalmente in un attimo, non appena avevo lasciato fluire il mio chakra nei dintorni. Pochi istanti dopo quella figura maestosa era spuntata dalla porta principale di quell'assurdo edificio, con passo sicuro. La sua maschera cornuta non mi permetteva di vederlo in faccia e questo era un peccato.
    Non è stato semplice, ma ho i miei metodi. Inoltre mi sembrava un buon biglietto da visita.
    L'uomo davanti a me era colui che ci aveva venduto il Demone Fantasma, forse la persona più pericolosa in tutto il Continente Occidentale. E forse anche in quello Orientale. Era la prima volta che lo incontravo, ma non potevo che dirmi colpito dalla sua presenza.
    La capacità di raccogliere informazioni nascoste a tutti, l'abilità di superare gli ostacoli che ho posto in vista degli intrusi e l'accortezza di presentarsi con un clone al momento chiave dell'operazione. Sono impressionato. Mi rimane però poco chiaro qual è la motivazione dietro tutto questo. Sei alla ricerca di un nuovo padrone, Hozuki?
    Si era preso tempo per osservarmi, dalla distanza. Non potei far altro che ridacchiare, non capivo come aveva fatto a capire che ero un clone. Probabilmente non ne era sicuro, probabilmente intuito. Mi piaceva.
    No. Non ho bisogno di nuovi padroni, sono libero ora. Ho i miei obiettivi, ma i mezzi per raggiungerli non sono sufficienti, per il momento. Però ho la mia forza e quella dei miei uomini. Credo potrebbe interessarti. E ho anche delle informazioni riservate...
    Se volevo lanciare la mia rivoluzione, se volevo plasmare il mondo come lo avrebbe desiderato lei, dovevo scendere a compromessi. Banshee era il compromesso migliore in cui potevo sperare. Da quel poco che sapevo i suoi metodi erano orribili, i suoi esperimenti inumani, ma stando al fianco di Orochiyu ero diventato un mostro e questo tipo di problemi non mi fermavano più.
    Ci potrebbero essere operazioni per cui la manodopera di vivi potrebbe avere una qualche utilità. Ricorderò questa proposta, potrei avere incarichi per te, in futuro. I tuoi uomini sono persone fidate?
    L'unico accenno di emozione che notai dalle sue parole fu il disprezzo quando usò la parola "vivi". Quanto mai intrigante, mi dissi.
    Pochi ma buoni, preferisco così. Ho diversi contatti nel Continente Orientale, vengono quasi tutti da lì. Come te, del resto...
    Lanciai quella piccola provocazione. Non ero sicuro di quel dato, avevo degli indizi che mi avevano portato a pensarlo ma non ne avevo la certezza. La sua perfetta dizione del comune sembrava contraddire questa teoria, ma volli comunque provare per vedere la sua reazione. Che non ci fu, neanche un minimo. Di sicuro aveva un autocontrollo invidiabile, tra i tanti pregi.
    Hai parlato anche di informazioni... spero non siano i soliti blateramenti politici che amate tanto voi ninja.
    Sorrisi, divertito da quella affermazione finale.
    Sono il primo a odiarli, per quanto siano interessanti per uno come me. Ma no, non era quello che ti stavo offrendo. Ci sono novità a Port City... novità che ti riguardano. Quello che è successo l'anno scorso ha scosso la "morale" di qualcuno di importante. Hanno deciso di fare qualcosa a riguardo, visto che non è la prima volta che gli zombie irrompono nel nostro continente. Stanno organizzando un gruppo internazionale specializzato nel contrastarli. Qualsiasi civile potrà partecipare e pare che i kage faranno la fila per mandare a morire i loro ninjucoli se la cosa darà loro prestigio. Non sono ancora pronti, ma lo saranno presto, se vuoi colpirli e soffocarli prima del nascere questa è la tua occasione.
    Molto interessante, in effetti. Nonostante non sappiano nemmeno che esisto mi hanno già eletto a loro nemico, che onore! Saranno cavie divertenti per testare le mie creazioni, forse addirittura per migliorarle. D'altronde è la base dell'evoluzione cambiare per superare gli ostacoli, non credi, Hozuki?





    08/07/219



    Marai è vivo e vegeto. Nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto per assicurarsi che quella serpe non durasse ancora molto, nonostante gli anni che aveva dovuto aspettare per avere un’occasione, nonostante tutto… avevano fallito.
    Marai Murasaki era vivo e loro avevano sprecato l’unico momento buono che avrebbero avuto. Più il tempo passava e meno i Kusiani avevano la volontà di ribellarsi al loro padrone, non importava quanto fosse stretto e scomodo il suo guinzaglio. Aveva sentito addirittura dire che “non è cambiato poi così tanto” e “non si sta male”. Solo perché non ricordavano il motivo per cui Kusa e Suna si odiavano da molto tempo quello non significava che non ci fossero buoni motivi per detestarsi. E lui detestava essere sotto la dominazione del Vento più di qualsiasi altra cosa. Era arrivato alla conclusione che tagliare la testa a Suna, privarla della sua mente, fosse la soluzione migliore e si era persino abbassato ad associarsi con gli scarti della società usciti da quel mattatoio di Kiri.
    Dai tempo al tempo. I miei informatori dicono che non sembra in forma come vuole far credere. Heiachi Metsujo, come sempre, era composto e quasi indifferente.
    Sono passati mesi da quando il sicario si è sacrificato per la causa. Marai Murasaki è ancora vivo. Ammettilo. Abbiamo fallito.
    Heiachi fece una smorfia, ma non aveva poi molto con cui replicare. Nonostante si fossero assicurati un veleno rarissimo e terribilmente insidioso e avessero inviato a compiere la missione uno dei migliori sicari su cui avevano potuto mettere le mani pareva davvero che il Kazekage fosse riuscito a scamparla. Le voci sulla sua malattia erano interessanti, ma dopo così tanto tempo? Era improbabile se non impossibile.
    Per fortuna la sua replica venne interrotta dall’arrivo di qualcun altro. Ryu, per l’esattezza, che si affrettò a mormorargli qualcosa all’orecchio.
    Heiachi sorrise.
    Sembra che qualcuno ci abbia trovato Annunciò ad alta voce. Dice di chiamarsi Maguro.
    L’uomo appena citato fece il suo ingresso poco dopo, nei suoi occhi ardeva una furia mal celata che fece rabbrividire Heiachi. Tutta quella rabbia sarebbe stata un pericolo, probabilmente anche per loro.
    Vi porto una bella notizia. Disse, con una soddisfazione feroce. Arriva proprio adesso da Suna




    07/07/219



    Medici e specialisti lo avevano letteralmente tenuto attaccato alla vita per un sottilissimo capello. Lo avevano tenuto privo di conoscenza per gran parte del tempo mentre lavoravano su un antidoto che, però, non era stato trovato.
    Non si sapeva che veleno fosse stato usato, ma non era stato possibile neutralizzarlo del tutto con niente, erano soltanto riusciti a rallentarlo abbastanza da garantirgli di vivere un po’ più a lungo. Mesi.
    Purtroppo, la sostanza aveva fatto in fretta ad iniziare a compromettere il suo corpo e quel che era fatto non era stato curabile perciò i suoi occhi erano praticamente inutili. Poteva vedere a malapena delle macchie sfocate, non riusciva neanche a distinguere i suoi interlocutori se non per un vago accenno di colore dei capelli o dei vestiti.
    Hito gli era rimasto accanto per tutto il tempo e non appena era stato abbastanza lucido lo aveva aggiornato su tutto quello che era successo nelle ore di black out con dovizia di particolari. Fra le sue guardie lui era quello che lo comprendeva meglio e riusciva in qualche modo a fare sempre la cosa giusta, qualche volta persino anticipando i suoi desideri.
    Era un bene avere un uomo così al suo fianco perché avrebbe avuto bisogno di parecchio aiuto se voleva sistemare tutto prima di morire senza che le cose rischiassero di sfuggirgli di mano. Nessuno doveva sapere della sua condizione, per esempio, non prima che si fosse assicurato una base solida per non dare ai kusiani un buon motivo per credere di potersi ribellare con ancora più forza.

    Marai aveva lavorato sodo per Suna per tutta la sua vita sacrificando tutto per lei. Aveva manipolato, ingannato, combattuto e lasciato che il mondo lo credesse una serpe e un assassino.
    Fissò intensamente la finestra immaginando il paesaggio che aveva guardato tante volte. Non riusciva a stare in piedi e doveva appoggiarsi pesantemente al muro perché lo sostenesse, ma anche così sarebbe crollato presto senza la presa forte di Hito che lo teneva dritto.
    Era passato più di un anno dal giorno in cui sarebbe dovuto morire. Un intero anno di secondi faticosamente rubati alla morte. Lo tenevano vivo a suon di intrugli e procedure, ma il suo corpo si stava distruggendo un pezzo dopo l’altro. Era stato un anno fatto di stanchezza, dolore, buio. Praticamente una tortura continua che lo aveva logorato talmente tanto che forse cominciava a desiderare che la morte arrivasse a dargli sollievo.
    Non ancora, però. Non prima di essere riuscito a mettere tutto in ordine. Non prima che la sua creatura fosse al sicuro e potesse essere lasciata in mani altrui. Marai sapeva che a qualcuno quella sarebbe potuta sembrare arroganza, persino nelle sue condizioni continuava a pensare che non esistesse qualcuno che avrebbe potuto guidare Suna meglio di lui e non importava che fosse ad un passo dalla morte, quella verità lo tormentava. C’erano alcuni di cui si fidava, persino qualcuno che gli piaceva fra coloro che avrebbero potuto prendere il suo posto, ma non avrebbe voluto lasciare a nessun altro il compito di crescere la sua bambina.
    Hito, come stanno andando le cose?
    La sua voce si spezzava ogni volta che doveva pronunciare più di due parole e il respiro gli mancava subito. Finì la frase tossendo in cerca di ossigeno come dopo aver corso la maratona.
    Stabili, Marai-sama. Il ragazzo sta agendo con giudizio, nonostante non fossi molto convinto quando l’avete nominato Sannin, e la burocrazia per le trattative successive alla guerra è ancora in corso, ma va tutto come avete previsto.
    Fece una pausa, poi la sua voce si fece più bassa, solo per le sue orecchie.
    Fuori il sole è al suo picco, la strada qui sotto è piena di gente per via del mercato. Sulle bancarelle c’è molto cibo straniero, riesco a riconoscere i frutti strani di Kusa e pesci di fiume sotto sale da Takumi. Riesco anche a vedere ninja e funzionari che entrano ed escono dal palazzo.
    Il volto di Marai, sempre impassibile, si deformò fino a mostrare un piccolo sorrisetto.
    Non posso credere che tu riesca a vedere il pesce e i frutti da questa distanza.
    Forse non posso, ma so che sono lì.
    Un nuovo accesso di tosse lo scosse da capo a piedi, tanto che Hito fu costretto a ripetersi, ma non si scompose e non gli chiese se volesse andare a sedersi.
    Mi sento la testa confusa. Ha senso quello che dico?
    Domandò ansimando con la voce tirata al massimo per far uscire l’intera frase. La presa di Hito si strinse sul suo braccio, forse in risposta ad un suo ondeggiare oppure per reazione involontaria alle sue parole.
    Sì, mi sembrate lucido.
    Bene. La mente è l’unica cosa che funziona anco…
    Hito lo tenne mentre crollava. Per qualche istante non fu capace di muoversi, fissava il torace di Marai cercando un segno del suo respiro, ma non pareva che ce ne fossero.
    Tonou, accanto alla porta, rimase immobile come lui, poi i loro sguardi si incrociarono.
    Sapevano entrambi che il medico non avrebbe potuto riportarlo indietro di nuovo, ma la guardia più giovane schizzò fuori lo stesso.
    Hito strinse più forte il corpo, reprimendo l’ennesima ondata di senso di colpa soverchiante. Quella era la fine.




    23/07/219



    Makoto Uchiha e Akio Hayama erano insieme fin da prima che potessero ricordare. Erano vicini di casa, le loro famiglie si conoscevano e avevano un rapporto d’amicizia da prima della loro nascita.
    Avevano fatto l’accademia insieme, erano diventati Genin, poi Chuunin, avevano scalato ogni grado fianco a fianco. Makoto era diventata ANBU con un po’ di anticipo rispetto ad Akio, ma lui non l’aveva fatta aspettare molto e ben presto avevano potuto lavorare fianco a fianco anche nelle missioni segrete.
    Alcuni momenti erano stati difficili, a volte erano sembrati persino insuperabili, ma alla fine con l’aiuto l’una dell’altro erano riusciti ad arrivare a quel giorno.
    Erano entrambi davanti alla scrivania del Kazekage come tante volte quando Marai era in vita. Solo che lui non c’era più e ad occupare la sua sedia era un gatto dal pelo nero e lucido che sonnecchiava senza curarsi della loro presenza nella stanza.
    È quasi il momento. Sei pronto? Makoto parlava a bassa voce, soffice, come se avesse paura di disturbare la quiete della stanza. Akio annuì, poi accennò al gatto con un accenno del capo.
    Dovremmo svegliarlo? Non sarà felice se verrà sorpreso dall’arrivo delle guardie.
    La ragazza rise e raccolse il micio dalla sedia con delicatezza. Ha promesso di non graffiare di nuovo Kazuhiko, vero Kuro?
    Ha graffiato anche Tonou. Il poveretto aveva le lacrime agli occhi.
    Mi preoccupa un po’ il modo in cui ha preso la morte di Marai, ma Hito dice che starà bene. Makoto posò il gatto a terra, poi accarezzò la scrivania e alzò gli occhi con un sorrisetto divertito. Ce ne servirà una più grande.

    Le guardie arrivarono soltanto qualche minuto dopo e li condussero sul balcone del palazzo che dava sulla piazza più grande. Era gremita di gente. Akio afferrò la mano di Makoto e le sistemò il cappello prima di uscire insieme per mostrarsi alla folla. Era nervoso e i vestiti lo intralciavano, ma sorrise comunque e si avvicinò al dispositivo che avrebbe amplificato la sua voce: la prima parte del discorso era la sua, la seconda invece di Makoto. Si aspettava i mormorii ma furono ben più rumorosi di quanto avrebbe immaginato quando videro che entrambi indossavano vesti e cappello da kage. Li ignorò, procedendo con la presentazione e il discorso, poi lasciando che la sua compagna prendesse il suo posto catturando immediatamente l’attenzione di tutti con l’innegabile carisma che la caratterizzava.
    Avevano iniziato quel percorso insieme e insieme erano arrivati fino a quello che era sia un traguardo che un inizio.
    Per la prima volta nella storia di Suna due Kazekage governavano insieme.



    10/08/219



    La tensione nella stanza si affettava col coltello. Dodici persone erano sedute intorno al grosso tavolo che occupava gran parte dello spazio e tutti ostentavano una calma pacata come se fossero perfettamente a loro agio ma persino ai suoi occhi inesperti era evidente che ci fosse molto più di quello.
    Fin dall’inizio l’attenzione generale era stata volta allo studio dei due Kazekage; avevano preso il posto di un uomo estremamente pericoloso e con cui quasi nessuno dei presenti avrebbe voluto avere a che fare in un tavolo di trattative come quello, ma di certo conoscere il nemico era più facile che non avere nessun indizio: che cosa dovevano aspettarsi da loro? Avrebbero avuto lo stesso acume politico del predecessore? La stessa fredda capacità di manipolare?
    Bisognava stare attenti.
    L’unica ad averli accolti con calore sincero era parsa la Mizukage. Non che non avesse rivolto a tutti sorrisi ed educati convenevoli, ma con loro era stata sinceramente affettuosa e il maschio aveva ricambiato mostrandole l’unico sorriso della giornata.
    Un altro che aveva attirato molta attenzione era stato il Kawakage. Zaba stesso quasi non riusciva a guardarlo: la maggior parte del suo corpo era bendata ma il volto mostrava tremende cicatrici dove qualcosa pareva avergli mangiato e ustionato la pelle, corrodendola fino a lasciare solo un sottile strato che sembrava fuso intorno alle ossa. Si muoveva lentamente e faticosamente, sembrava sofferente. Sofferente e arrabbiato, a giudicare dallo sguardo di fuoco nei suoi occhi scuri. Una parte del viso era quasi intatta, sembrava avesse cercato di ripararsi con le mani e aveva salvato almeno la vista, anche se il prezzo per il resto del suo corpo pareva essere stato bello alto.
    Fu lui il primo a prendere la parola. La sua voce era rude e forte, nonostante tutto, e le parole non contenevano esitazioni anche se ognuna sembrava più difficile della precedente da pronunciare.
    Il mio villaggio è a pezzi, il mio esercito decimato. Tutto è andato in merda e una delle mie fottute guardie ha tradito e si è tolta dal cazzo. Io non sono in grado di prendermi cura della mia gente e siccome non sono un coglione completo sono venuto qui oggi per cedere ufficialmente il mio territorio ai suoi conquistatori. Per un lunghissimo istante Zaba non riuscì a fare altro che pensare a come il suo linguaggio fosse completamente inappropriato alla situazione e a come fosse incredibile che quella voce forte fosse uscita da quelle labbra scarnificate, poi realizzò il significato della frase.
    L’Amekage non aspettò un solo istante, sebbene la sua calma rivaleggiasse col soprannome del defunto Marai, attaccò non appena vide un’apertura. A rispondere inizialmente fu la Kazekage femmina, Makoto, che argomentò per un po’ con la donna in un tira e molla molto scaltro. Zaba era certo che avrebbe vinto Kosame, ma quando pareva proprio che le cose sarebbero andate in quel modo la ragazza si zittì e fu invece Akio a prendere la parola. Zaba aveva sentito dire che era un tipo gentile e affabile, anche se quel giorno si era mostrato sempre molto serio, ma fu sorpreso di sentire come il suo tono apparentemente accomodante e tranquillo riuscì a riportare la discussione in una situazione di vantaggio per Suna. Purtroppo Kosame aveva buone argomentazioni per le sue pretese e una capacità di manipolazione molto vicina a quella del defunto Kazekage e perciò riuscì ad ottenere supporto da alcuni degli altri presenti mettendo definitivamente in inferiorità la possibilità che Suna ottenesse Takumi. Zaba pensava che in molti avessero supportato Kosame perché avevano paura di Suna che, nonostante la dipartita del suo geniale comandante, aveva tutte le carte in regola per restare una potenza incontrastata mentre in questo modo aveva perso qualcosa di faticosamente conquistato e la sua alleanza più stretta rimanente era con Kiri dall’altra parte del continente. Kusa non poteva dirsi certo “alleata”, era molto più una sottomissione non gradita.
    Shinano, il Kawakage, si appoggiò all’indietro sulla sedia e all’improvviso Zaba si rese conto che la sofferenza che aveva visto forse non era totalmente legata al suo stato fisico. Non doveva essere facile cedere così la sua gente, il suo stesso villaggio. Non avere altra scelta che lasciare che gli avvoltoi si litighino la tua carogna senza poter far niente per proteggerla. Zaba fu costretto a rivalutare quell’uomo dal linguaggio scurrile e si trovò a pensare che avesse fatto qualcosa di estremamente difficile e coraggioso. Forse qualcuno non l’avrebbe pensata allo stesso modo. L’avrebbero chiamato codardo e avrebbero detto che aveva venduto il suo paese, ma Zaba vedeva quanto era duro per lui sedere come un silenzioso spettatore, poteva vedere nelle sue ferite quello che la guerra doveva aver fatto al suo villaggio e davvero nessuno avrebbe mai dovuto biasimarlo per quella scelta. Probabilmente era l’unica possibile in quel momento.

    Giunse la fine delle trattative e il risultato era stato piuttosto pacato, tutto sommato. Una sorta di pace era tornata a regnare sul continente senza più acerrime rivalità e guerre fredde, ma allo stesso tempo le alleanze di un tempo non erano più tanto strette.
    Certo, nessuno avrebbe potuto mai separare Konoha da Kumo e Suna manteneva la sua stretta su Kusa forte come il primo giorno, ma per il resto la sua alleata più vicina era Kiri. Anche il gruppo del nord era rimasto unito, ma fra gli altri erano rimasti per lo più buoni rapporti e molte belle parole.
    Alla fine tutti se ne erano andati con una facciata soddisfatta che sembrava gridare al mondo che avevano ottenuto tutto quello che volevano, ma Zaba aveva potuto sentire che non era proprio così, soprattutto da parte di Makoto, la Kazekage. L’unico a sembrare genuinamente contento era stato Iwao, il kage di Iwa. Zaba sapeva che era un uomo pacifico e un buontempone, era parte della delegazione del Daimyo della terra quindi lo aveva accompagnato durante il viaggio e aveva avuto modo di conoscerlo un po’. La sua soddisfazione era probabilmente dovuta al clima piuttosto sereno che era tornato nel continente e che lui auspicava fin dall’inizio da amante della pace quale era sempre stato.
    Ehi, Zaba, che cos’è quel sorrisetto sornione che hai disegnato in faccia? Uscendo dalla stanza insieme al resto dei delegati dei Daimyo dei vari paesi, Zaba si era trovato faccia a faccia con Shu, uno degli assistenti che per puro caso era anche il suo migliore amico.
    Credo sia stato molto interessante. Confessò. Aveva potuto guardare dritto dentro tutti quei kage e aveva trovato un sacco di personalità e motivazioni diverse. Alcuni, come il Kokage, erano spaventosi mentre altri, come lo Shogun di Yuki, emanavano una forza che non era possibile ignorare in alcun modo. La Mizukage e la Hokage avevano entrambe usato il fascino come un’arma facendo in modo che nessuno potesse evitare di essere consapevole di loro.
    Gli accordi erano buoni? Ah, il dolce Shu. Lui aveva davvero a cuore il destino del continente e si preoccupava sempre che tutti fossero felici.
    Zaba sorrise e gli scompigliò allegramente i capelli. Sì, niente male davvero.
     
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