Nata con la camicia di forza

Mini-evento: la forza di uno

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    Demone incendiario

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    Bianco, bianco ovunque. Un sacco di cavi, il soffitto, le lenzuola di quel letto, le tende. La testa sembrava scoppiarle, tutto era ovattato e strano, non ricordava nulla di nulla. Grida di persone, rumori di cui non capiva l'origine, confusione. Perse i sensi prima di riuscire a capire qualcosa , ma si svegliò poco dopo, ancora intontita, stanca e dolorante. Non aveva alcuna idea di chi fosse e di cosa ci facesse laggiù. Dal tipo di ambiente e dalla presenza di medici intuì che doveva trattarsi di un ospedale, tutto il resto era oscuro. Questo fu il primo ricordo che Emma ebbe della sua vita.
    Solo qualche giorno dopo, quando la situazione si calmò, lei ottenne qualche spiegazione. Un ninja di Taki le spiegò che era una di loro, cosa che in effetti sembrava tornarle. Ricordava quei coprifronte e quel simbolo con le due linee spezzate. Le venne ripetuto per l'ennesima volta quello che tutti dicevano essere il suo nome, Emma Uzumaki, ma continuava a non dirle nulla. Le venne raccontato anche del motivo per cui si trovava lì, era caduta da un edificio durante una missione estremamente importante. Nonostante l'altezza tremenda da cui era precipitata non era morta sul colpo, però aveva riscontrato ferite che le sarebbero state fatali senza l'intervento di un commilitone esperto di medicina. Non era stato in grado di curarla, ma aveva stabilizzato la ferita e le aveva permesso di sopravvivere. I danni riscontrati l’avevano portato a entrare in coma e ci era rimasta per quasi un anno, ovvero fino a pochi giorni prima. L'uomo, un semplice chuunin che aveva fatto solo un paio di missioni insieme alla ragazza, non poté dirle molto di più per il momento, ma come inizio poteva andare bene. Dopo alcuni altri giorni, quando venne accertato che reagiva bene sia a livello psicologico che fisico, fu dimessa e le fu concesso di ritornare a casa.
    La giovane Emma viveva da sola, le spiegarono, in un bilocale nella zona appena fuori dal centro città. Mentre era in coma uno dei suoi vicini di casa di nome Rei era morto in circostanze sconosciute e un paio di altri abitanti del condominio si erano trasferiti. Fu strano ritrovarsi in un posto nel quale le assicuravano avesse trascorso alcuni anni della sua vita, ma di cui non ricordava assolutamente nulla. Una situazione che si sarebbe ripetuta più volte, nei giorni successivi. Era tutto estraneo, era come entrare in casa di qualcuno mai visto prima, le venne persino da criticare la disposizione dei mobili o la presenza di determinati oggetti. Nel corso delle giornate seguenti riordinò le cose nella maniera che le sembrava più comoda e mentre spostava tutte le sue proprietà cercò di rifamiliarizzare con tutto ciò che trovava a vista. Finché non scovò, quasi per caso, un doppio fondo in un cassetto. Dentro c'era un librone basso e spesso, tutto sgualcito e rovinato, con una D enorme sulla copertina. Questo oggetto attrasse la sua curiosità, motivo per cui iniziò a sfogliarlo un po' a casaccio lasciando perdere il resto delle cose che stava facendo. Era un diario, lì dentro c'era tutta la vita di Emma, a partire dal giorno in cui, a otto anni, aveva deciso di descrivere in maniera continua tutto quello che le accadeva. Era partito da un commento di sua madre, che le aveva detto di fare tesoro di qualsiasi esperienza, di imparare da errori e successi in modo da evitare i primi e ripetere i secondi. Era una bambina molto attiva e rileggendosi si accorse che doveva essere una gran rompiscatole. Ritrovarsi quel diario lì, tra le mani, sembrava quasi un segno del destino. Ritornò alla prima pagina e iniziò una lettura attenta. Il resto passava in secondo piano.
    Protagonista assoluta della prima parte era la madre, che aveva cresciuto da sola la piccola Emma, la quale non aveva mai avuto un padre. Solo anni dopo aveva scoperto il perché. Rukia: la madre era promessa sposa ad un rampollo di un ramo secondario del clan Uchiha, ma questi era morto in missione prima del matrimonio e lei si era ritrovata incinta senza un marito. Tutti sapevano che la coppia non aveva mai consumato, essendo un matrimonio combinato si conoscevano appena, quindi era chiaro che la ragazza doveva aver concepito con qualcuno a casaccio. Non la migliore referenza per trovare un nuovo compagno, soprattutto in un ambiente retrogrado come la periferia di Taki, quindi lei restò sempre sola. Quando Emma aveva scoperto tutto questo la donna non aveva comunque voluto rivelarle il nome del padre. "Non abbiamo bisogno di uomini, stiamo bene io e te anche da sole", le aveva detto.
    L'infanzia di Emma era stata piuttosto tranquilla, la madre l'aveva cresciuta amorevolmente e la giovane si era interessata presto alla medicina. Studiosa prematura, aveva poi deciso di fare l'esame genin ad una dozzina di anni, perché le era stato detto che una volta diventata ninja avrebbe potuto migliorare nell'arte curativa e accedere a conoscenze altrimenti precluse. Si era impegnata abbastanza e, grazie all'addestramento severo di sua nonna, che le aveva anche insegnato l'abilità innata di famiglia, era diventata chuunin in pochi anni. Le pagine scritte in quel periodo erano piene di aneddoti strani riguardanti gli allenamenti con l'anziana Hachiko oppure sul suo lavoro da ninja. Non amava combattere, si capiva benissimo dal testo, ma si divertiva molto con i suoi colleghi e tutto sommato i compiti che doveva svolgere non le dispiacevano troppo.
    Poi, pian piano, il tono della narrazione si faceva più scuro. In poco tempo erano mancati sia suo nonno che sua nonna. In particolare la seconda era stata una perdita piuttosto forte per la giovanissima, aveva legato tantissimo con la sua anziana parente. Molto severa nell'addestramento, rigida nelle richieste, ma affettuosa e sincera, Emma era davvero contenta di aver potuto trascorrere tempo con lei. "Purtroppo la vecchiaia è una brutta bestia, non ci si può far niente", lesse la ragazza senza memoria sul suo diario e sentì tutta la tristezza che doveva nascondersi dietro quelle parole. E non finiva lì, anzi.
    La situazione volse al peggio poco dopo ed Emma lo capì dal salto di mesi che ci fu ad un certo punto, tra una pagina e l'altra. La madre era stata male, un tumore terribile. La giovane, appena sedicenne, aveva visto la salute della donna che le aveva dato la vita declinare verticalmente e l'aveva sentita implorare per la sua sopravvivenza. Emma aveva dato fondo a tutti i suoi contatti e alla fine era riuscita a trovare qualcosa. La malattia era incurabile con i metodi tradizionali, ma c'era una sperimentazione in corso che sembrava dare alcune speranze. Purtroppo c'era un grosso problema: il costo del trattamento era abnorme e il centro di ricerca non era riuscito a ottenere nessun accordo con il villaggio, che quindi non si sarebbe certo preso carico del pagamento. Con la madre costretta a letto nessun altro avrebbe potuto occuparsene oltre ad Emma.
    Con l'avventatezza tipica di un'adolescente, la giovane decise di provare il tutto per tutto, non sapendo quanto Rukia sarebbe potuta resistere. Da chuunin non aveva modo di guadagnare molto con le missioni, quindi dovette puntare su una caccia ad un ricercato. Trovò una taglia enorme messa su un sicario risiedente nel Paese degli Uccelli e partì in quarta, insieme ad un collega di cui si fidava. Si trattava di Josuke, un jonin con solo qualche anno in più di lei, un ragazzo socievole e molto gentile. I due agirono con meticolosità, acquisendo informazioni e arrivando allo scontro finale con un'imboscata. Purtroppo il criminale era troppo abile per loro, dopo aver evitato il colpo degli assalitori riuscì a fuggire, non prima però di aver scagliato una tecnica di Vento potentissima addosso ai due. Lui fu travolto in pieno, Emma fu presa solo di striscio. Perse un braccio, mozzato di netto all'altezza del gomito, mentre il suo compagno perse la vita. Quando lei si avvicinò al suo corpo poté solo constatare l'assenza di battito, le lame d'aria gli avevano distrutto gli organi interni. La giovane chuunin non ebbe scelta che lasciarlo lì, preoccupandosi di restare in vita e di tornare indietro. Fu accolta con freddezza dalle autorità, ma non le fecero una colpa dell'accaduto. A quello ci pensarono i suoi colleghi, dopo. Sul momento dovette affrontare delle operazioni per permetterle di riprendere la carriera da ninja, anche se con una mano sola. Mentre era in questo periodo in cui era dispensata dal lavoro, la malattia di sua madre peggiorò ancora e lei morì nel giro di un paio di mesi. Le parole del diario erano molto acide nei confronti della donna, nell'ultimo periodo era intrattabile, come se sentisse il peso della fine imminente. Insultava ripetutamente Emma, poi le chiedeva scusa, poi insultava se stessa. Piangeva, pregava, sembrava una persona diversa rispetto a quella che la giovane aveva conosciuto e amato. Visti questi trattamenti quotidiani la giovane aveva smesso di sentirsi in colpa per lei, anche perché le cure che stava subendo lei stessa erano dolorosissime. Inoltre si era in qualche modo creato il vuoto attorno a lei, gli amici di un tempo l'avevano allontanata e anche quando rientrò in servizio i colleghi la trattavano con distacco. Si era fatta una nomea terribile, erano girate voci sul fatto che avesse sedotto Josuke e l'avesse portato a morire in una missione impossibile solo per la sua fame di soldi.
    La narrazione passava dal dispiacere, al risentimento, fino ad arrivare ad un rancore sempre più forte, rivolto verso tutta quella gente che la giudicava senza conoscerla. Le faceva schifo tutto, ma Taki sopra ogni altra cosa. Un covo di omuncoli bigotti e gretti. La Emma del passato scrisse pagine e pagine di fuoco e lei stessa si stupì di quanto livore aveva messo nella descrizione di ciascuna malefatta subita. Più volte veniva espresso il desiderio di andarsene, di fuggire da tutto e tutti, ma evidentemente non lo aveva mai fatto.
    Poi arrivò l'ultima pagina del diario, datata maggio 218. La giovane diceva che le era arrivato l'ordine di andare in guerra, nel Paese dell'Artiglio. Avrebbe dovuto difendere i confini dell'alleato, Oto, da un'orda di mercenari pagati da Orochiyu o qualcosa del genere. Il testo non diceva altro, ma nei giorni seguenti le era stato riferito che proprio in quella missione era caduta da un edificio molto alto, dopo un'esplosione forte, ed era sopravvissuta per un soffio. Qualsiasi ulteriore informazione le era stata negata, probabilmente qualche segreto militare da nascondere.
    Emma si ritrovò dunque con delle pagine bianche davanti e con la testa che le faceva male. Aveva letto per ore e ore, era piena di informazioni strane e non sapeva come sentirsi a riguardo. Si alzò, si mise a cercare una penna, sapeva di dover scrivere qualcosa. Rimase a fissare il diario, poi sfogliò alcune delle vecchie pagine, infine si sedette di nuovo e si riportò all'ultima di esse.
    "Basta." Scrisse solo questo. Basta con la solitudine, con l'angoscia. Basta con la paura, basta con l'odio. L'avrebbe fatta finita con tutto questo. Si sentiva rinata, in qualche modo, aveva un'altra occasione e non voleva sprecarla.
    Quella stessa sera bruciò il diario, senza particolari esitazioni. Gettò via la cenere e dal giorno successivo cercò di essere naturale. Fece la riabilitazione, durò qualche mese. Accettò pure di fare qualche allenamento, per riprendere confidenza con le proprie abilità. I suoi colleghi ora la guardavano con pietà. Pietà! Quegli stronzi fino ad un anno prima l'aveva screditata e bistrattata e ora si permettevano di mostrarle condiscendenza.
    Nascose il suo disprezzo, lo covò e ne fece tesoro. Poi, quando fu sicura di non aver più niente da chiedere al villaggio, semplicemente se ne andò. Durante una missione solitaria fuggì e prese la direzione opposta a quella che avrebbe dovuto seguire, senza mai tornare indietro.
    Si rifugiò nel Paese degli Uccelli, lo stesso posto dove aveva rischiato di morire anni prima. Nascose la sua identità con facilità e trovò lavoro come cacciatrice di taglie, stando ben attenta a non fare il passo più lungo della gamba, questa volta. Continuò a interessarsi di medicina, a fare ricerca, dovette sfruttare i suoi contatti al mercato nero per ottenere materiale adeguato. Aveva un obiettivo prioritario in mente: riuscire a trapiantarsi un braccio. Da quel passaggio dipendevano tutte le sue mosse successive, con una sola mano poteva fare ben poche cose. Visse per un anno in totale povertà, spendendo quei pochi soldi che aveva in testi scientifici contrabbandati su sua richiesta. Patì anche la fame, ma alla fine ne valse la pena, perché trovò una soluzione al suo problema. Dovette fare più di un esperimento per riuscirci e questo richiese alcune cavie. Dovette trasferirsi nel Paese del Fumo, dove avrebbe fatto meno scalpore la scomparsa di alcune persone. Nel giro di due mesi riuscì a raggiungere la perfezione in quella pratica e a progettare il trapianto perfetto. Trovò dunque una donna che fosse più o meno della sua stessa corporatura, la rapì e la uccise. Poi le staccò il braccio di netto e, con un'operazione lunga e molto difficile, riuscì ad attaccarlo di nuovo al suo corpo. Non si trattava di una abilità medica normale, né di un ninjutsu curativo. Era qualcosa di più oscuro, era negromanzia. Stava rianimando del tessuto morto e connettendo le reti neurali, circolatorie e del chakra con il corpo di un estraneo al possessore originale del tessuto, con il suo corpo.
    Fu davvero un azzardo, ma andò a buon fine, grazie alla meticolosità della giovane. Certo, non era reattivo al massimo e le faceva ancora un po' strano, ma quell'arto poteva sentire le cose normalmente, impugnare un'arma, fare sigilli. Le era mancato tutto quello. E si trattava solo del primo passo.
    Da quel momento Emma si adoperò come dottore clandestino e continuò le sue ricerche. In poco tempo riuscì a rianimare interi cadaveri, a ridare loro vita, a renderli dei combattenti. Mentre il mondo intero, sotto il vessillo dell'Esercito della Vita, combatteva una guerra aperta contro gli zombie, lei se ne stava nascosta a cercare di rinfocolare quella minaccia. Passò anni ad addestrarsi, a migliorarsi, a capire come poteva rendere le sue creature più potenti. Ce la fece, superò qualsiasi limite, raggiunse un livello di perfezione inimmaginabile, grazie anche alle informazioni che riusciva a comprare dai suoi contatti criminali. Fu così che trovò la sua vera identità. Gli esseri umani sono corrotti, si ripeteva, sono una malattia e in quanto medico è mio dovere estirparli. I Risvegliati non tradiscono, non sparlano alle tue spalle, non odiano. Sono fedeli, sono efficaci, sono perfetti. Emma si ripeté queste parole come un mantra, fino a quando non si decise a far abbattere la sua rivoluzione sul mondo intero.
    Iniziò dal piccolo, rovesciando una nazione. Uccise il capo del Fumo e lo trasformò in uno zombie ai suoi ordini. Usando il potere che questo le concedeva in poco tempo riuscì a infiltrare gli alti ranghi del governo con altri non morti. Entro sei mesi qualsiasi persona coinvolta nell'amministrazione era stata uccisa e Risvegliata. Entro l'anno dall'inizio dell'operazione nell'intero Paese del Fumo non c'era più una persona viva, solo Risvegliati. Emma aveva dovuto usare prudenza e, grazie all'isolamento del posto da cui aveva deciso di iniziare, nessuno pareva aver notato nulla. Diverso fu quando provò ad espandersi dai suoi vicini.
    In poco tempo la notizia dovette girare, perché alla seconda incursione nel Paese degli Uccelli si trovò di fronte ad un gruppo di guerrieri mandati da quel che restava dell'Esercito della Vita. Poveri folli, pensò Emma, anche lei sul campo di battaglia come faceva sempre durante le operazioni più importanti. Però i suoi avversari si dimostrarono molto più tenaci del previsto. Combatterono con forza e senza timore, fecero tantissime vittime tra i suoi preziosi bambini. La superiorità numerica era schiacciante, però, morirono tutti nel giro di qualche minuto. Tutti tranne una persona. Combatteva come una belva scatenata, con una ferocia unica. Era una donna, sembrava persino anziana. Capelli bianchi, cicatrici su tutto il corpo, vestiti stracciati. Si muoveva con un'agilità sovrumana e ciascun suo movimento era letale. Ogni tanto sparava qualche colpo di fuoco. Fece il vuoto attorno a sé più volte, poi appena ebbe qualche secondo di respiro individuò sul campo di battaglia Emma, nonostante fossero a più di cinquanta metri di distanza.
    Tu sei il capo.
    La giovane sorrise. L'aveva riconosciuta, nonostante fosse diventata una Risvegliata anche lei da più di un anno. Aveva scoperto come farlo e si era uccisa solo per poter ritornare ancora più forte. Ora non era più umana, non era più debole. Il suo sogno era così vicino... doveva solo schiacciare qualche altra mosca fastidiosa. A partire da quella che aveva davanti agli occhi.
    Sembri più un cadavere che un essere umano, vecchia! Unisciti a noi! Diventa parte della mia famiglia!
    Emma la Risvegliata avanzò lentamente, passando vicina ai suoi uomini e facendosi seguire da loro. Si avvicinò con passo lento alla sua nemica, riusciva a leggere perfettamente dai suoi occhi che non sarebbe fuggita. Una delle due sarebbe morta laggiù, quel giorno.
    Io difenderò il loro mondo. L'incubo finisce qui, mostro.
    La donna dai capelli bianchi aspettò l'arrivo dell'altra, in posizione di guardia. Era pronta alla battaglia, determinata come non mai. Aveva combattuto un mare di battaglie per il bene di persone che non vedeva da anni, davanti a lei non riusciva a vedere altro che un gruppo di nemici da abbattere. Gli ennesimi, probabilmente non gli ultimi.
    Emma dal canto suo si sentiva abbastanza sicura della vittoria. Dei cento Risvegliati che si era portata dietro ne erano rimasti solo otto, lei compresa, però si trattava della sua guardia personale, i combattenti migliori del suo esercito personale. Le loro abilità erano immense.
    Quello che tu chiami incubo è il mio sogno migliore. E non finirà certo qui.
    E invece fu proprio così, ma non perché lei avesse perso la battaglia. Non fu neanche combattuta. Emma si risvegliò di nuovo, ma questa volta con la R minuscola. Il suo sonno terminò e sfociò nella vita reale, come un fiume termina il suo percorso dopo una lunga traversata. Sembrava essere tutto così vero, invece era stato un viaggio onirico di qualche tipo.
    Si alzò dal divano su cui era sdraiata in malo modo e, ancora intontita, spense la televisione che blaterava in sottofondo. Si andò a preparare una camomilla calda e poi si mise a sedere al tavolo della cucina, per riordinare le idee davanti alla sua tazza calda. Quello che aveva visto era una sorta di universo alternativo, in cui tante cose erano cambiate, ma altre erano rimaste identiche. Lei era comunque sola e assolutamente malvagia, anche se nel sogno lo era più per sete di vendetta che per libera scelta. Fu divertita a pensare che la presenza e gli abusi del padre non fossero stati la molla della sua versione alternativa, le sembrò una controprova di quanto non fossero stati la molla nemmeno per la se stessa reale, cosa che aveva sempre sostenuto.
    Posso però prendere esempio da lei, si disse. Conquistare il mondo, sterminare l'intera umanità... sembravano progetti abbastanza banali e irrealizzabili. Non voleva qualcosa dal sapore così tristemente già noto, non voleva finire ad essere la controfigura di un cattivo da cartone animato. D'altro canto la sua versione alternativa aveva degli strumenti molto interessanti in mano, Emma avrebbe potuto prendere spunto da questo. Si portò la tazza in camera e si sistemò alla scrivania. Prese carta e penna e scrisse soltanto un nome: "Arte del Risveglio". Il resto sarebbe venuto, prima o poi.




    L'inizio di questa role è, quasi parola per parola, la prima stesura del bg di Emma, che ho ritrovato in un file word. Poi dalla (non) comparsa del padre, il png che è mancato nella storia, gli eventi prendono la piega differente mostrata qui, mentre nella stesura originale erano molto simili alla versione poi finale del bg (solo senza la questione dell'amnesia, in sostanza). Come avevo già accennato nella role di spec medica 6 l'Emma reale ha l'idea delle tecniche di negromanzia a partire da un sogno strano, ovvero questo. Per finire, nella parte conclusiva compare la Aiko alternativa del suo sogno, ovvero invecchiata e trasandata ammazza-zombie spietatissima. Mi piaceva l'idea di un episodio crossover xD

     
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    Re dei demoni

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    La mancanza di qualcuno è la più forte presenza che si possa sentire. Questo sogno di una realtà così lontana e diversa, in cui l'assenza di una persona ha avuto un impatto profondo, lascia un'impronta indelebile in te e, sia che tu ricordi cosa hai visto sia che tu non ne abbia memoria, al tuo risveglio ti senti in qualche modo cresciuta.
    Ottieni 18 exp
     
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1 replies since 5/9/2019, 19:23   90 views
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