Rapace in gabbia

Mini-evento: La forza di uno

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    Demone velatore

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    La vita in prigione era uno schifo. I letti erano scomodi, il cibo nauseabondo, le persone sgradevoli. Keiko era ormai abituata a quell'esistenza misera e senza sbocchi, visto che faceva dentro e fuori dalla gattabuia da quando ancora le stavano crescendo le tette, ma la prima notte era sempre uguale: il rumore dei passi, degli sciacquoni e delle russate avrebbe impedito di dormire anche al più rilassato degli esseri umani. Oltretutto, in quello schifo di carcere del Paese della Neve faceva anche un freddo fottuto e la ridicola copertina che le era stata concessa al suo ingresso nella struttura non aveva impedito all'insonnia di tormentarla anche nelle notti successive. Se non altro c'era sempre da divertirsi. Le risse, nell'ala femminile, non erano molto frequenti, ma il commercio clandestino di sigarette, droga, assorbenti, carta igienica e di molti altri beni di prima necessità era florido e movimentato. Ogni cosa, in prigione, aveva un prezzo. Ogni favore doveva essere ricambiato il prima possibile e, se ciò non avveniva, era divertente scoprire come la carcerata di turno avrebbe subdolamente riscattato il suo credito sulla povera vittima. Grazie all'esperienza maturata all'esterno, Keiko era diventata uno dei punti nevralgici di compravendita. Raramente chiedeva favori, ma era sempre pronta ad elargirne a destra e a manca, forte della sua fornitura praticamente inesauribile tra furti all'interno e contatti esterni. Era così che era riuscita a mantenere per molto tempo uno status benestante e neutrale all'interno della gerarchia del carcere. Certo non poteva dire di essere benvoluta, ma si era assicurata di avere sempre le spalle coperte dalle tipe più toste della comunità che, naturalmente, rientravano tra le sue debitrici più incallite. Brutta storia, la dipendenza. Comunque questa posizione privilegiata l'aveva messa, alla fine, nei guai. Muelza veniva dal Paese del Mare come lei e da sempre faceva la gatta morta per questo motivo: aveva questa convinzione per cui avrebbero dovuto portare avanti una razza pura, con gli unici geni che sarebbe valsa la pena tramandare. In una prigione. Due donne. Keiko l'aveva inquadrata immediatamente come una fuori di testa e aveva più volte rifiutato le sue avanches. Di per sé questo non era mai sfociato in un problema concreto: Muelza le bisbigliava ad ogni "no" che avrebbe aspettato il suo ripensamento. Purtroppo, poi, arrivò Katarina. Riccia, bionda, un fisico da urlo e occhi freddi come il ghiaccio. Keiko se ne invaghì subito. Non credeva di essere lesbica, ma quando ti danno otto anni nel ramo femminile di una prigione da cui scappare è impossibile o un suicidio, impari ad ampliare le tue vedute. L'aveva conosciuta allo stesso modo di tutte le altre: era venuta a chiederle un favore. Particolare, però, perché la sua richiesta era di estinguere il debito che aveva contratto con un'altra detenuta. Keiko non si era rifiutata, pensando che sarebbe stata meglio una persona in più nella propria rete che in quella di un altro, ma quando era arrivato il momento di riscattare Katarina non era stata in grado di portare a termine il compito assegnatole. Il suo debito con Keiko si era fatto quindi ancora più grande, ma quando era andata a parlarci Katarina aveva trovato un ottimo compromesso. Erano finite a letto in un batter d'occhio in quella che Keiko avrebbe ricordato come la scopata più intensa della sua esistenza. Non solo era stata ripagata, dunque, ma le due si erano pure messe assieme. I guai iniziavano qui: Muelza non l'aveva presa per niente bene, stavolta, e non si era fatta problemi a palesare il suo desiderio di vendetta. Ahimè, caso voleva che ella fosse probabilmente la persona più importante e temuta dell'intera prigione. Si faceva chiamare Regina del Nord ed era indubbiamente un nome appropriato: nessuno stava sopra di lei nella gerarchia detentiva e nessuno avrebbe mai osato cercare di prendere il suo posto. Girava voce che in passato avesse già fatto fuori un paio di detenute passandola sempre liscia.
    Mi preoccupa, elskling. È capace veramente di tutto.
    Tu non ti deve preoccupare. Se lei viene io la strozza con lenzuoli.
    Katarina veniva da una terra straniera, persino più a settentrione della Neve. Le aveva insegnato un paio di parole che usavano soprattutto nell'intimità. Il suo accento profondo era una delle particolarità che la eccitavano di più.
    Basterebbe dire che ci siamo lasciate. Potremmo continuare a vederci di nascosto.
    Lei lo scoprisse di sicuro. E poi io non ha motivo per lasciarti.
    Potremmo dire che hai scoperto perché sono qui e che la cosa ti ha mandato in bestia.
    Katarina scosse la testa, con una certa dose di ragione. Lei sapeva già tutto e non le era mai importato. Era a conoscenza del fatto che Keiko fosse finita dentro perché gestiva un traffico di organi al mercato nero. Non organi qualunque, non un traffico banale: rapiva i bambini dagli orfanotrofi e dalle case famiglia e li prendeva con sé, crescendoli e preoccupandosi per la loro salute finché non fosse arrivato il momento di vendere un loro pezzo a questo o quel cliente. Non li maltrattava, certo, ma ne era morto più d'uno sotto la sua custodia. Capita, con i trapianti di cuore. L'avevano beccata perché uno dei suoi clienti si era fottuto il fegato un'altra volta, dopo il trapianto, e tramite esami e anamnesi i medici si erano accorti che qualcosa non andava. La macchina della giustizia si era attivata in fretta e le indagini avevano condotto la legge alla porta di Keiko. Katarina, comunque, di tutto questo se ne fregava. A lei, diceva, nemmeno piacevano i bambini. Probabilmente era solo condizionata dalla disperata infatuazione dell'unica relazione intima che credeva possibile. Keiko, ad ogni modo, era grata di poter avere a che fare con qualcuno che non la giudicasse. Nemmeno i suoi genitori venivano a trovarla. Anzi, non le parlavano proprio più. Avevano cercato di rimetterla in riga, quand'era bambina, pagando uno shinobi perché le insegnasse un po' di disciplina. Per diverso tempo lei aveva finto di stare al gioco, mentre in realtà sfruttava gli insegnamenti dell'uomo per i suoi piani criminosi. Guardando indietro, in effetti, la sorte non le aveva mai arriso in termini di ragazzini. Si era macchiata di omicidio in età veramente precoce, ma a sua discolpa non era stato voluto. Quel bambino l'aveva spaventata davvero tanto e proprio mentre stava fuggendo con la refurtiva tra le mani. Piccolo frocio ciccione, qual era il suo nome? Sancho? Chissà: di sicuro non aveva avuto molta fortuna a sbucarle davanti nel buio, proprio mentre la bambina aveva un coltello stretto in pugno. Forse era cominciata proprio da lì, la sua rovina. Era diventata imprudente, solitaria, e l'avevano beccata più volte per questo. Il suo viavai dal riformatorio dell'isola si era fatto sempre più frequente. Il maestro si era rifiutato di portare avanti i suoi insegnamenti definendola "uno spreco di tempo" e pure i suoi genitori giunsero presto alla rassegnazione. L'unica a tentare ancora di dissuaderla dai suoi comportamenti era stata la mamma, ma Keiko sapeva che i suoi discorsi erano totalmente inutili e dopo pochi anni, all'alba dell'adolescenza, era scappata di casa: via verso il Paese del Mare, poi dritta nel continente. Non aveva mai maturato, purtroppo, grandi doti di complicità e aveva sempre preferito lavorare da sola. Furti, spaccio, omicidi occasionali: fino al suo ultimo affare si era cimentata in tutti i campi che la criminalità le avesse offerto. Non c'era possibilità per lei fuori da quel mondo, ma d'altro canto non ne avrebbe avuto bisogno per molto tempo. La sua vita era in prigione, adesso, con la routine inflessibile imposta dai carcerieri, l'amore dubbiamente sincero di Katarina e le continue minacce di Muelza che, per un bel po', avrebbero occupato i suoi pensieri giorno e notte.

    A mancare è Sancho, un amico d'infanzia di Keiko. Oltre ad essere stato una presenza che ha fatto da debole freno morale, è stato anche suo complice per tutto il tempo che ha trascorso a Kiko. Non avendolo conosciuto le è mancato un palo e un sostegno intimo e sincero, perciò è stata beccata molto presto e da lì si è completamente persa.
     
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    Re dei demoni

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    Da uno dei peggiori gironi dell'inferno!

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    La mancanza di qualcuno è la più forte presenza che si possa sentire. Questo sogno di una realtà così lontana e diversa, in cui l'assenza di una persona ha avuto un impatto profondo, lascia un'impronta indelebile in te e, sia che tu ricordi cosa hai visto sia che tu non ne abbia memoria, al tuo risveglio ti senti in qualche modo cresciuta.
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1 replies since 12/9/2019, 17:07   59 views
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