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“Luce… non c’è altro di cui l’uomo abbia bisogno per vivere. Non serve il cibo, non serve l’aria, non serve l’acqua: basta solo l’energia e la gioia di un istante per godere dei piaceri che una intera esistenza può offrire. Il passato può essere stato tremendo, il futuro incerto, ma il presente, questo incomparabile ed irripetibile presente, basta a cancellare tutte le ombre e i dolori. A volte capita di essere furiosi con il mondo intero, ma è difficile rimanere indifferenti di fronte alla sconvolgente bellezza che lo compone… Ci si sente talmente pieni e soddisfatti da avere l’impressione di non poter contenere tanta felicità, affiorano lacrime che scorrono come pioggia attraverso l’anima, purificandola, e allora non si può fare a meno di provare gratitudine per ogni singolo attimo della nostra sciocca, insignificante vita. Poi ci si rilassa e tutto questo scivola via… tutti questi momenti si perdono nei meandri della memoria proprio come lacrime nella pioggia… e la tristezza ricomincia ad attanagliare il nostro cuore. Ma la verità è che quella bellezza non scompare, non può scomparire, ma rimane impressa entro una sfera dorata custodita nel petto che ci riscalda quando ogni altra cosa diventa fredda. Basta poco ad affliggerci perché basta poco a consolarci, e forse è questo che ci rende così particolari e unici, come canne fatte danzare da una fresca brezza. Si: l’uomo è come una canna, ma ciò che la rende grande è riconoscere come sia essa stessa miserabile, e anche se riconoscersi miserabili significa essere in effetti miserabili, ciò significa anche essere grandi. E’ infatti grazie a questa consapevolezza che si può godere appieno delle piccole cose, guardare oltre l’orizzonte del quotidiano, trascendere con la mente e con il cuore i limiti dello spazio e del tempo per innalzarsi in una dimensione diversa e superiore dove ogni cosa, dalla foglia che tocca uno specchio d’acqua alla fiamma che brucia nei cieli dei poli, dona un momento di felicità.
Immobile, gli occhi chiusi ed il respiro trattenuto. In piedi sopra un albero l’aria fresca della giornata giocava con i capelli, ed intanto l'odore di fresco mi accarezzava il viso. Ripensavo ad un pezzo di un libro letto anni orsono, quando ancora ero un giovane ninja con la mente sognante e chiusa, quando pensavo che la vita di uno shinobi fosse facile come bere un bicchier d'acqua. All'epoca non pensavo che la mia vita si sarebbe trasformata in un inferno solo per qualche mio errore...
Quante cazzate...
Ma salve! È una bella giornata non è vero? Comunque non voglio girare troppo intorno e arrivo al punto: mi sembri una persona molto forte, che ne dici di fare un bel duello giusto per divertirci? Ci alleniamo e ci divertiamo allo stesso tempo, quindi ti va?
A qualche metro di distanza da me, sulla terra e non sopra qualche albero, una persona mi aveva rivolto la parola mentre contemplavo il panorama. Un ragazzo dai corti capelli corvini e dagli occhi verdi. Sembrava essere piuttosto giovane, e parecchio frivolo. Lo fissai qualche secondo, un po' perplesso dalle parole che potevo usare.
Ragazzo, sai almeno con chi stai parlando?
Feci un piccolo balzo dall'albero per atterrare sul terreno, per poi presentarmi.
Sannin di Kiri, spadaccino della nebbia, eremita dei Lupi, forza portante del Demone a tre code, il Sanbi. Sono il Kaguya senza Innata, Cavaliere dell'apocalisse. Sono Jack Kaguya.
Presi una delle mie due katane che tenevo nei foderi dietro le spalle, e con la punta della lama rivolta verso la sua figura, lo indicai.
Con chi ho il piacere di duellare, quest'oggi?
Finii di parlare con un mezzo sorriso.
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